Una chitarra frantuma con lentezza, delicatamente il silenzio, poi inizia a giocarci, lo richiama e lo allontana. Il gioco dura solo lo spazio di un minuto, forse un po’ di più. Poi arriva una bella voce di donna e inizia a cantare: "Grazie Sorella Sconfitta / Mi hai dato gli occhi e tre piaghe nel cuore / E nessun filo per poterle cucire / E il coraggio per poterle cantare…"
Così inizia “Sorella Sconfitta” (Radiofandango 2004), il primo disco solista di Massimo Zamboni. È un inizio esile, quanto intenso, carico di emozione e folgorante sia per la musica, sia per la superba voce di Lalli, che per le parole utilizzate. Definire sorella la sconfitta, ringraziarla, una visione perlomeno strana in questo mondo che non ammette i perdenti. Colpisce e sorprende.
Ma perché sorprendersi in fondo? È quasi naturale attendersi qualcosa fuori dal comune da parte di un personaggio come Massimo Zamboni. Già perché Zamboni non è solo un interprete, un musicista, tra l’altro importante nel panorama rock italiano, avendo animato per anni insieme a Giovanni Lindo Ferretti i CCCP e poi i CSI. È anche uno scrittore. In questi ultimi anni, infatti, ha scritto due libri: prima il diario di viaggio - ispiratore di Tabula Rasa Elettrificata - “In Mongolia in retromarcia”, poi il romanzo “Emilia parabolica”. Non contento si è anche dedicato alla composizione di colonne sonore. È, in definitiva, un personaggio interessante. Un artista certamente poliedrico.
Ugualmente degno di interesse è questo suo primo disco da solista, in cui è accompagnato da alcune delle voci femminili italiane più belle: Nada, Lalli e Fiamma. A queste si aggiunge il soprano Marina Parente, con il quale Zamboni riesce a costruire e sperimentare alcuni curiosi e interessantissimi accostamenti tra il rock e la musica colta (“Ultimo Volo America” e “Dolorama”).

Tredici belle canzoni che alternano atmosfere cupe, sonorità claustrofobiche (“Da Solo”) a scatti improvvisi (“Su Di Giri”), fino a esplosioni di speranza (“Schiava dell’aria”). Tredici belle canzoni che scivolano una dietro l’altra con piacere, invitando l’ascoltatore a soffermarsi sui testi. Canzoni che chiedono riflessione, che non sono fatte per essere consumate velocemente.
In più una vera e propria gemma: “Miccia prende fuoco”. È sicuramente il brano più bello, più affascinante del disco. Interpretata splendidamente da un incredibile Nada è una canzone che colpisce dritta al cuore. Con la sua cadenza ripetitiva diventa uno splendido tarlo, che si incunea lentamente, ma inesorabilmente nella testa. La prima volta che l’ho sentita ho immediatamente avvertito il bisogno di ascoltarla ancora e ancora, finché le parole non si sono impresse nella mente e ho iniziato a cantare: la pioggia che scende giù / che riga le vetrine piene / che rende i nostri volti inutili / non conta niente ormai / non conta niente ormai.
Un altro momento di particolare intensità presente nel disco è fornito da un'altra splendida canzone: “Schiava dell’aria”. Aperta da un vero e proprio recitativo di Zamboni, viene chiusa da un meraviglioso duetto fra il soprano Marina Parente e Lalli, accompagnati da un delicato motivo sviluppato dagli archi e percussioni misurate. Delicato ed emozionante.

Insomma, “Sorella Sconfitta” è un'ottima opera prima, perché è un disco rock piacevole, particolare, che sperimenta e azzarda, ma non scantona, non annoia e a volte conquista. È questo quello che chiedo a un disco.

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