"Eravamo degli sciocchi scioperati di Bristol. Fu Neneh Cherry a farci muovere il culo e a portarci nello studio. Stavamo cercando di creare musica per la testa e non per i piedi. Credo sia il nostro album più fresco, eravamo al nostro massimo". Daddy G.
I piedi ben saldi a Bristol e lo sguardo volto verso New York. Eh già... Perché se parli di "Blue Lines", primogenito della premiata ditta Massive Attack, non puoi fare a meno di tirare in ballo l'Hip Hop come riferimento e principale fonte d'ispirazione, la sorgente cui 3D e soci hanno attinto a piene mani. Degli sciocchi scioperati di Bristol... Folgorati dalle gesta di gente come Grandmaster Flash, Rock Steady Crew e Cold Crush Brothers (immortalati nella pellicola culto, Wild Style) danno vita a un collettivo formato da Dj, rapper, breaker e writer, il Wild Bunch, la cui evoluzione sarà destinata a cambiare in maniera dirompente le sorti del Pop/Rock alternativo britannico (e non solo) dei '90.
E' da questo contesto che nascono i Massive Attack, che se dell'Hip Hop prendono in prestito il comparto tecnico ed estetico delle produzioni, riescono in ogni modo ad andare oltre, aggiungendo al tutto influenze e sapori figli della multisfaccettata cittadina britannica, culla di svariate etnie nate dai lasciti dell'impero e dal conseguente traffico di schiavi.
Dub, funk, elettronica e una spruzzata di psichedelia qua e là, il tutto filtrato seguendo gli stilemi del campionamento adottato dai colleghi d'oltreoceano, con rap sussurrati che si incastrano a voci soul. Questi i connotati principali di "Blue Lines", ingredienti (anche se qui presenti ancora in uno stato embrionale) che hanno creato proseliti in ogni dove.
Il disco parte con "Safe From Harm", formula archetipa di tutto il Bristol sound, downbeat o che dir si voglia di fine novecento. Sezione ritmica campionata da "Stratus" di Billy Cobham con basso in evidenza, pad atmosferico e il canto di Sarah Nelson che dialoga con il rappato sottovoce ed inquieto di 3D. Seguono il beat fumoso e rallentato di "One Love" con campioni di tastiere e fiati presi rispettivamente da Mahavishnu Orchestra e Isaac Hayes, il jazzy rap della title track, il soul di "Be Thankful for What You've Got", cover del classico di William DeVaughn, le pulsazioni dub di "Five Man Army", il singola dal forte impatto emotivo "Unfinished Sympathy", e le venature elettroniche di "Hymn of the Big Wheel", dove già s'intravedono i primi vagiti di "Mezzanine". Tutto questo nei solchi di "Blue Lines".
Da qualche mese è presente sul mercato una versione del disco rimasterizzata dai nastri originali, che ha tanto il sapore di operazione commerciale ma che sicuramente farà gola a chi negli anni ha saputo apprezzare il nuovo corso dettato dalla costante evoluzione di un collettivo dalla forte personalità e capace di brillanti intuizioni in musica.
Seminale.
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