"La gente qui a Napoli è particolare, non è come a Roma" Queste non sono parole mie, ma è la sommaria traduzione di un pensiero di Robert Del Naja (che è di origini napoletane) che mi ha confessato, dopo averlo aspettato poco più di un'ora insieme con un'altra decina di afecionados, fuori al cancello della bella struttura. Io ho trovato questa affermazione l'unica cosa spontanea uscitagli in questo tour, fosse solo perché quando l'ha fatta gli è scomparsa quella ruga verticale sulla fronte che ci accomuna. Intendiamoci, le mie sono impressioni e come tali soggettive, ma in questo tour Robert si gioca, o almeno pensa di giocarsi, il suo futuro artistico; io mi spiego in questa chiave il suo nervosismo prima di entrare nell'arena quando trova le bancarelle con le magliette false ne fa comprare allo staff una per ogni tipo; io mi spiego in questa chiave la sua presenza sul palco, da protagonista, ma così pronto a lasciare la prima scena a chi di turno, sino ad anticipare la sua uscita; mi spiego così la sua oculatissima attenzione al dettaglio, che si traduce in un rispetto pieno, schematico, fino alla virgola, del marchio "massive".
Tutto questo è presente, facendo un po di attenzione, anche nella musica che ci hanno dato al concerto: come ogni buon tour che porta il nome del disco, il tutto si apre con l'apertura del disco. Poi vai con un buon pezzo, dinamico, del penultimo lp, quello della consacrazione, energetico quanto basta per scaldare il pubblico (che per la verità, era già trepidante da mezz'ora, e in verità pure io, che non avevo mai visto tante belle ragazze tutte insieme). E poi? il bivio è semplice: 2-3 brani del nuovo e addio Massive oppure qualcosa dei vecchi e chissà. Parte "Safe from Harm", divino, con quella campionatura che mi ha fatto conoscere Billy Cobham (ascoltatelo, "Spectrum", anno della mia nascita, Atlantic), il pubblico si esalta e l'atmosfera diventa tale che manca solo che esca da una botola Mushroom a sorpresa. Diciamo che il concerto entra nel vivo con "Karmacoma", quando la platea si alza in piedi a ballare, e li ti aspetti una serata che non dimenticherai mai. Ma poi...
Poi emergono le difficoltà del progetto di Robert: nel tentativo d'integrare il suo sound con quello dei Massive per creare qualcosa che si abbia la confezione dei Massive ma un'identità che ancora lui non ha ben definito, zavorrato dal tentativo continuo di tastare il polso e cercare consigli dalla stessa platea nelle direzioni in cui mandare la nave, il programma alterna rigorosamente brani tra il vecchio e brani del nuovo. Col risultato che questi ultimi perdono quella coerenza che evidenziano le elevatissime qualità di Robert (le sonorità che riesce a creare, la pulizia del fronte sonoro, etc., vedi la recensione del live di Verona) e che fanno di 100th window un album complessivamente godibile; di contro, il vecchio non prende aria. Il pubblico resta spiazzato: resta pronto per ballare e cominciano le pizze del nuovo, lo trovi introspettivo mentre partono le perle del vecchio. Non a caso la striscia più bella è stata quella con due del vecchio ad aprire e chiudere la terza e la quarta traccia di 100th, poste in successione o giù di lì. Alla fine del concerto, a parte quell'odiosissima abitudine di farsi pregare per il finto bis (roba che la storia ricorderà antiquata come sentiamo adesso noi antiquato l'assolo di batteria nelle orchestre jazz), ci restava una strana sensazione d'incompiutezza, di tensione, comunque d'insoddisfazione.
Un ammonimento per il chitarrista pazzo che ha inizato a rompere da subito con un blitz 5 minuti prima dell'inizio, dove ha innalzato il suo volume sino a che le sue corde a tratti hanno sopraffatto addirittura la batteria. Una considerazione su Andy che, a parte l'incredibile voce, a parte che ad un certo punto è riuscito a farla piantare a quell'emulo di Steve Vai sovrastandolo con un paio di slappate, balla come un dio e con la sua personalità ed energia (quella che non riesce a sprigionare Robert) è quello che si rivela come vero trascinatore degli orfani Massive. E pensare che a pranzo all'hotel Vesuvio si era ingollato due piattoni di cozze!
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