I Mastodon sembra che riescano a mettere un po' tutti d'accordo metallari della prima ora e chi da questa musica cerca freschezza e novità e non clichè triti e ritriti, e pure chi da questa massa vulcanica si è allontanato da un po'.

Dopo dei dischi che mischiavano diverse sonorità buttate in un calderone diabolico lasciando amalgamare thrash, heavy,  prog, stoner, sludge, psichedelica, arrivano nel 2009 a pubblicare "Crack The Skye" un lavoro che segna una svolta più melodica nel loro sound, nonché un opera ambiziosa ove la ruvidezza viene limata da nuove soluzioni che strizzano l'occhio maggiormente in direzione progressive con divagazioni psichedeliche.

Ne esce fuori un pietanza invitante, che prima va fatta raffreddare e gustata e assaporata con calma.

"Divinations" è l'unica che ricorda il vecchio sound con la chitarra di Brend Hinds che si trasforma una mitraglietta prima che il sulfureo ritornello riporti una falsa pace che sa di smarrimento e alienazione.

Suggestioni mediorientali arrivano da The Ghost Of Karelia" (da incorniciare il primo minuto e mezzo, un ponte tra noi e il resto dell'universo, senza dimenticare le gratificanti sfuriate strumentali finali) che ci catapulta in un altro mondo.

Ma in realtà vanno citate tutte dall'iniziale "Oblivion" che si apre con una chitarra minacciosa come un cielo plumbeo in una sera invernale, prima di sciogliersi in un suadente ritornello che ci riporta indietro nel tempo, fino ai due momenti più prog (non è il prog-ironsanremese dei Dream Theater...) di "The Czar" (divisa in quattro atti ) e i finali e splendidi 13 minuti di "The Last Baron" che non risente affatto della durata anzi speri non finisca subito, senza dimenticare le accellerazioni di "Quintessence" e i chiari (Sanders) e scuri (Scott Kelly dei Neurosis) riempono in due la title-track "Crack The Skye".

Una menzione va alla copertina veramente intrigante e evocativa almeno quanto la musica e le parole dell'opera (evito tutto il discorso del concept che vi sta dietro in quanto già trattato altrove qui basti dire che si tratta di viaggi ed esperienze extracorporee).

Le parti urlate vengono ridotte di molto, mai avevamo sentito cantare così soavemente e candidamente Troy Sanders e Brent Hinds per così tanto tempo nel vero senso del termine e in questa maniera. Il risultato è una qualità delle melodie stupefacente. Perché mai hanno tenuto nascosto queste loropeculiarità?

Ad avercene di dischi così.

Promossi senza riserve.

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