L'Italia non c'è più.

E' l'unico pensiero che ha preso a martellarmi scena dopo scena, per tutta la proiezione del film. Non può essere così "davvero", perché se corrisponde alla realtà solo il 10% di quello che si vede, allora il concetto stesso di Paese è andato a farsi fottere. Qui non si recupera più niente perché non c'è più niente da recuperare.

Non si recupera la terra, quella delle pesche da buttare per la strada perché tossiche. Non si recupera la giovinezza di fanciulli contenti di guidare camion carichi di monnezza. Non si recupera l'umiliazione del maestro di merletti finito a fare il camionista e nemmeno l'abbandono, lo stupro di creature mostruose come Scampia, "quartiere a misura di poveraccio", come lo definirebbe Rezza.

Esci dalla sala e sei intriso da un senso di schifo, di lurido, ti senti offeso e sporco. E dici: cazzo, ma io cosa c'entro con tutto questo?

Io.

Io c'entro invece, come direbbe un tale di Bologna, solo che lui stavolta, per una casualità, dice che non c'entra perché lì comandavano quelli della sinistra.

Prendere atto, contestualizzare e circoscrivere è l'unica cosa che si riesca a fare: vedi, questo schifo è successo nel 2003, governavate voi, mentre sotto di noi non è successo nulla, la gente era tranquilla e non manifestava per la strada, e pure la camorra era in ritirata. 

E no, mio caro, perché l'analisi archeologica dei reperti fa risalire lo sversatoio almeno al 1999, e allora c'eravate voi in giunta regionale.

Sì, ma al comune, che deve fare la differenziata, c'eravate voi.

E via così.

E oggi? Oggi.

Oggi c'è un presidente che prima dice ai campani che tutti devono fare la loro parte, da qualche parte sto pattume bisogna metterlo, poi per caso legge i documenti della commissione parlamentare di inchiesta e s'indigna con quelli del nord, tutti compresi, nessuno escluso: li avete mandati voi i liquami qui, adesso ve li riprendete. E certo, dicono i padani, come no, stavamo giusto per dirtelo.

Non capisco più chi dice che cosa per quale oscura ragione.

Ma intanto siamo qui, con quelli che sparano e bruciano e devastano, con quelli che vogliono parlare finiti ammazzati perché lasciati senza scorta, e quegli altri che, dopo aver preso atto e contestualizzato, dicono: ma i napoletani sono colpevoli anche loro, dovevano ribellarsi.

Ribellarsi? E come? Quando lo fanno, se non è il guappo con la bomba, ci pensa il celerino a fargli passare la voglia. Tu che stai a Milano o a Torino o a Verona e che ti lamenti del marocchino invadente, hai mai avuto a che fare con un camorrista? Risponditi.

Io sento un brivido quando mi chiedono di dove sei. Tremo nel dire sono milanese. Sono lombardo. Me ne vergogno un po' e mi sento in colpa di aver chiuso gli occhi, fingendo che tutto fosse sotto controllo, qualcuno tanto risolverà. Ma "qualcuno chi", questo davvero non me lo sono mai chiesto quando andavo a votare. Ho delegato tutto, come era mio diritto, ma ho delegato anche il senso di critica. Troppo.

E oggi mi brucia, perché Saviano mi ha lasciato nudo con le mie scelte di ieri e la mia vergogna di oggi.

Napoli dice che lì non è più Italia, e che forse non lo è mai stata, si è passati dai Borboni direttamente in mano a Cutolo e ai Casalesi, ma con un passaggio talmente indolore, lento, calmo che nessuno si è accorto di niente. Un'espropriazione generale, silenziosa. E autorizzata, quasi auspicata da certuni per bieco propagandismo.

Ma Napoli dice anche un'altra cosa, ben peggiore: che è l'Italia a non esserci più da un pezzo. Non c'è a Bolzano e non c'è a Venezia. Non c'è a Firenze, Roma, Palermo, Bresso, Scandicci, Locorotondo e Venaria. Non potrà una Padania qualunque formare dei cittadini con coscienze civiche quando non ci sono più i concetti di città, comunità, POLIS, sostituiti da trincee dietro cui asserragliarsi. Siamo ecoballe in discarica, rifiuti indifferenziati in attesa di inceneritore.

Gomorra mi sputa in faccia che sono italiano proprio oggi che non è più possibile esserlo davvero. Mi vergogno per il fatto di essere stato (e rimanere anche adesso che scrivo, tentando un tardivo recupero) un italiano di circostanza, provvisorio, di quelli che se ne ricordano solo quando ci sono 11 semianalfabeti in mutande che corrono dietro a un pallone e si deve cantare un inno nazionale che è stato anch'esso provvisorio fino al 2005. Proprio come in questi giorni di Europei.

Gomorra? Sì, guardatelo. Guardatelo tutte le sere che ci sarà la Nazionale in tv.

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