Mi aspettavo montagne d'oro e ho trovato l'oscurità della terra.
Cercavo il tesoro e mi sono ritrovato nell'abisso dei tuoi occhi.


Chi ha detto che il fantasy in Italia non esiste? Se qualcuno l'ha fatto, ha preso un notevole abbaglio.
E non faccio riferimento alle varie Licie Troisi e Chiare Strazzulle, che non propongono altro che una pallida imitazione delle avventure tolkeniane.
Parlo di una saga che non ha origini nelle trovate letterarie di qualche autore, ma nel genio narrativo delle leggende del popolo Ladino, che raccontano le avventure del Regno dei Fanis. Queste leggende, tramandate oralmente per secoli fino alla fine del XIX, sono state raccolte con lavoro certosino e pubblicate a più riprese da Karl Felix Wolff.
Rispetto ai romanzi fantasy comunemente intesi hanno due punti di forza in più. il primo, già premesso, è quello di discendere da una tradizione popolare e di essere radicati a un ambiente e a una cultura precisa. Secondo, e impagabile da ogni punto di vista, quello di essere ambientate in un paesaggio esistente, ma talmente irreale da essere perfetto per un'ambientazione 'fantastica'.
E di fantasy, questi luoghi hanno anche il nome: i Monti Pallidi, le Montagne della Luna, cioè le Dolomiti.

Alcuni gruppi dolomitici portano nomi che derivano dalla leggenda: il Rosengarten, (che purtroppo in italiano è un orribile 'Catinaccio') è il Giardino delle Rose di Re Laurino, il eggendario re dei nani che diede la colpa del rapimento della figlia proprio al Rosengarten, 'colpevole' di aver rivelato la sua posizione al nemico, e pensò bene di scagliargli contro una maledizione per cui, né di giorno né di notte, nessuno avrebbe più potuto ammirarlo.
Ma Laurino non fece i conti con il tramonto, in cui la montagna assume quei colori che si possono descrivere con un nome ad hoc e unico, ovvero l'enrosadira - che avviene appunto in quel particolare momento che non è nè di giorno nè di notte.

La leggenda del popolo dei Fanis è piuttosto articolata, e intreccia la fiaba alla saga guerresca.
L'ultimo re di Fanes ha una sola figlia la quale, per mantenere tale il pacifico regno dei Fanis, stringe un'alleanza segreta con il popolo delle Marmotte: un'allenza basata sullo "scambio dei gemelli". Quando la regina si unisce in matrimonio al principe avventuriero Veliconder, apparentemente animato da buone intenzioni, e ne nasceranno due gemelle, Dolasilla e Lujanta, la regina dovrà 'sacrificare' una delle figlie scambiandola con una delle figlie di Ontilia, la regina delle marmotte. Lujanta è la sfortunata prescelta e crescerà dunque tra le marmotte, nel loro regno sotterraneo.

Ma ciò che re e regina si nascondono a vicenda complica le cose: la regina non ha fatto parola al re del suo patto con le marmotte, così come il re non ha detto a nessuno del suo identico patto stretto con il re delle aquile. E così il fedele servo Mizacola, spedito dal re ma d'accordo con la regina, si arrampica sui picchi del monte Nuvolau con in braccio Dolasilla e quella che il re crede essere Lujanta, ma che è in realtà è la piccola marmotta avuta in cambio, e segretamente sostituita dalla regina. Donerà alle aquile una marmotta, avendone in cambio l'aquilotto promesso.

Sulla via del ritorno il servo incontra due personaggi antitetici e fondamentali per lo sviluppo della storia: il cattivissimo Spina-De-Mul (scheletro di mulo), una creatura mezza uomo e mezza mulo (la parte di sopra), che cerca di rapire Dolasilla e che farà di tutto nel corso degli anni per distruggere il regno e i suoi abitanti. Il secondo personaggio è il giovane Re dei Duranni, Ey-de-Net (occhio di notte). I due si affrontano e quest'ultimo colpisce Spina-de-Mul e si impossessa della Rajetta - una pietra magica - e la regala a Dolasilla. I loro destini si incroceranno ancora molti anni dopo.

Dolasilla diventa negli anni una guerriera feroce e infallibile, che in battaglia affiancherà costantemente il re, diventato sempre più avido e ossessionato dal fantomatico tesoro nascosto di Aurona. Dolasilla, grazie agli artefatti magici che le vengono donati nel tempo, asseconda a lungo le sfrenate mire espansionistiche del padre, fino a che, in età ormai adulta, non reincontrerà e si innamorerà di Ey-de-Net. Deciderà allora di smettere di combattere, anche perchè ormai l'ambizione divorante di Veliconder ha portato il regno dei Fanis a essere tutt'altro che pacifico e ad attirarsi l'odio di tutte le popolazioni con cui finora aveva convissuto senza tensioni.

Il re, privato della sua arma più potente - la figlia - bandisce Ey-de-Net dal regno e, pur di appropriarsi del tesoro dei Fanis, si allea addirittura con i suoi stessi nemici e con il perfido Spina-de-Mul, che non aspettava altro: Fanes viene distrutta, invasa e depredata. Dolasilla rimane sola a combattere, e il suo destino le è fatalmente rivelato dall'annerirsi della sua corazza. Rimane uccisa in battaglia dalle sue stesse armi magiche, rubatele dal nemico.
Il re dei Fanis, che attendeva sul monte Lagazuoi l’esito della battaglia, viene ferocemente schernito dagli alleati vincitori ed in particolare da Spina-de-Mul, che gli rinfaccia l’esito funesto del suo tradimento. Ancora oggi il volto del re, trasformato in pietra con la sua corona di punte, è visibile sulle rocce che sovrastano il passo di Falzarego (falzarego=falso re).

A evitare la strage del popolo dei Fanis è Lujanta, scambiata da tutti per Dolasilla, che li conduce presso il Morin di Salvans, nel regno sotterraneo delle marmotte.

Questa la leggenda, che Mauro Neri intreccia elegantemente e avvalendosi di un interessante espediente narrativo, ovvero una festa di paese del tempo presente in cui un cantore narra, a più riprese nell'arco della giornata, le leggende del popolo di Fanis.
Abituato a scrivere libri per l'infanzia, Neri integra agli elementi leggendari un lieto fine, in cui Ey-de-Net, superando le prove postegli dalle marmotte, riesce a tornare indietro al momento in cui Dolasilla viene ferita mortalmente e salvarla, e contemporaneamente a scoprire il tesoro dei Fanis: che non è materiale ma è una qualità che Ey-de-Net deve scegliere tra forza, coraggio, potere, saggezza, ricchezza e magia. Ma al valoroso cavaliere delle Dolomiti interessa solo una cosa: salvare l'amata Dolasilla. E lo farà rivelando al contempo quello che è il famoso 'tesoro': l'amore - naturalmente - che va oltre tutto.

Peccato per la veste grafica, per nulla accattivante,  tipica di un romanzetto per la scuola media. Inutile dire che è molto di più, anche se questo è chiaramente un adattamento principalmente per ragazzi, ma la sua leggibilità va ben oltre a questo.

La saga dei Fanis è ovviamente oggetto di studi approfonditi e, ciò che rende il tutto più magico, è che ogni luogo descritto è realmente esistente.
Nell'altopiano di Fanes, ad esempio, esiste davvero un luogo chiamato il Parlamento delle Marmotte.

Le leggende sono ben vive anche oggi: si racconta che i Fanes sopravvissuti vivano tra le grotte del Lago di Braies e che ogni anno, in una notte di luna, una barca nera compaia nel lago, spingendosi sulle sue acque quiete. Si possono distinguere le figure della vecchia regina e Lujanta. Attendono il suono delle trombe d'argento, che annuncia l'ora in cui risorgerà nuovamente il regno dei Fanes.

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