Fatemi capire, ristampano lavori di cani e porci e non c'è niente disponibile del Pelosi? Ma questa è premeditazione bella e buona. Poi un'altra cosa, io sono uno a cui è sempre piaciuto il lavoro di Rabarama (l'ho pure incontrata ad una mostra) perché lo ritenevo unico, e poi mi devo ricredere avendo davanti la copertina di questo ellepì?
Lancinante è l'unica parola che racchiude l'ascolto. Case abbandonate dove nel salone troviamo una carrozzina per bambini stile fine '800. Spettrale intangibile il viaggio che Mauro ci propone non considerandoci, ovviamente. Il pianoforte, anch'esso abbandonato, suona da solo in un vuoto che sospende anche il disagio di non capire la paura in cui siamo immersi.
Foto degli anni settanta: mio padre con un completo gessato stile mafioso, elegante, appoggiato al suo Maggiolone Volkswagen bianco, con dietro una giostra e i cavalli coi finimenti dorati; io bambino vicino ai miei zii che sfoggiano basettoni, camicie con colletti inverosimili e stivaletti realizzati in spazzolato lucido caffè stile Vallanzasca; mia madre che prepara le valigie della villeggiatura che verranno legate sul portabagagli sopra la Fiat 124 celestina, un incubo.
La monotonia delle cose normali viene orrorificata da un invisibile che l'autore richiede e propone sotto forma di sensazioni che sono la macchina del tempo per un revisionismo della nostra condizione umana. Il risultato è di una lucidità al primo momento sconfortante ma che apre a una visione che la vita è infinitamente triste quando si continua a misurare tutto in termini della sua durata e dei consumi, compresi sentimenti.
L'apporto musicale è notevole anch'esso mascherato da accenni di prog che si evolvono in litanie spaventevoli per la nostra psiche. C'è una regressione ipnotica che ti sbatte in faccia quei momenti che hai mancato per la tua felicità e accorgendotene ti guardi intorno e ti senti circondato da veicoli biologici lontani dalla realtà.
I voli pindarici dei brani hanno la loro forza nell'essere semplici nello smascheramento del limbo estraniante che ci devia dalla retta via. In sostanza Mauro è cosciente di essere solo e in solitudine se la canta e se la suona.
Un'onda di disagio cosmico ci attanaglia in quel rallenti dell'ombra che avanza, del cielo uggioso di sofferenza animica. "J’aime les nuages… les nuages qui passent… là-bas… là-bas… les merveilleux nuages !”
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