Giunti al suo ottavo album, su Max Gazzè possiamo tranquillamente affermare che è un artista in lenta e costante maturazione e che la sua musica migliora con gli anni. Certamente da lui non ci si può più aspettare il colpo sensazionale, un disco che rimanga nella storia, qualora ne uscissero ancora: Max è un musicista dotato e un buon compositore ma a quasi venti anni dal suo debutto discografico è ragionevole pensare che non abbia quel guizzo di genio indispensabile per immortalare il suo talento. E Sotto Casa conferma le aspettative, fra entusiasmo e (poco) abbattimento.

Fortunatamente a rompere la confortevole monotonia della sua produzione c’è il taglio, mai come in questo caso personale, dei testi. Se si eccettua la brillante title track e la tortuosa e meno riuscita Atto di Forza, i temi del disco sono tutti incentrati sulle difficoltà di un rapporto sentimentale, di fatto finito. Che ci sia un legame forte col vissuto di Gazzè, lo testimoniano le vicende familiari degli ultimi anni e la scritturazione a tempo pieno del fratello Francesco, ritenuto probabilmente più adatto al compito. Già dall’iniziale E Tu Vai Via c’è poco da equivocare, poco meno di tre minuti di semplice sfogo, con un testo amaro e polemico nei confronti di una donna che volontariamente ha lasciato il suo compagno. Le ragioni dell’abbandono sono di nuovo ribadite in La Mia Libertà, dove si intuiscono le dinamiche di coppia che hanno portato alla rottura. Un brano per certi versi stupefacente, con un ritmo incalzante e un cantato insolitamente alto di tono, che fosse stato dei Modà, le radio italiane ci avrebbero crocifisso fino a fine estate.

I Tuoi Maledettissimi Impegni non esce dai binari, scartata a Sanremo, è l’ennesimo omaggio di Gazzè all’insegnamento del sommo duo Battisti/Panella, tant’è che sembra uno scarto di lusso de La Sposa Occidentale (1990), con le sue contorsioni linguistiche, le rime funamboliche e le preposizioni spezzate: perché se il paroliere non ha previsto la lunghezza della battuta bisogna buttare a mare una grande verso? E Francesco e Max sono due allievi attenti e diligenti.

Volendo scorgere altre novità, è obbligatorio citare la finale L’Amore Di Lilith che non avrebbe stonato in bocca a Ferretti dei CSI. Un testo criptico e una compatta stratificazione di suoni ci rimanda alle vicende di Lilith, demone femminile legato a tempesta, malattia e morte; qualora non ci fossimo capiti.

Poi lasciatemi fare una personalissima ovazione alla sanremese Sotto Casa. Succede di rado di ascoltare un pezzo che sa di storia dalle prime parole e la cui melodia cristallina pare non stancarti mai. Dulcis in fundo: l’accompagnamento orchestrale nello stilema di Battiato, che Gazzè usa con gusto e intelligenza, per impreziosire un disco che ancora una volta non ci si può pentire di aver acquistato.

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