Sul finire del novecento chiesero a uno scrittore quali fossero i valori indispensabili alla comunicazione del prossimo millennio. Tra le sei proposte, lo scrittore indicò la rapidità e la leggerezza. Nel giro di ventun anni abbiamo gli sms, google e le recensioni ZOT.
Ci prese in pieno.
Dicono che la rapidità sia il dono della sintesi, ma cosa succede quando la sintesi si riduce all'essenziale? Cosa può contenere un libro che non sia già nel titolo? Vale anche per la musica? Si può vivere di soli inizi? Il tedesco Max Richter ci ha provato.
Così quest'album non è fatto di tracce, ma di cartoline, ventiquattro cartoline, come quelle che vi mandavano i parenti e che ora nessuno scrive più e al massimo si usano come sottobicchieri, e abbiamo dimenticato anche come si fa a leggerle. E allora, se non lo spazio, meglio ricordarsi del tempo, quello racchiuso in un minuto, un minuto e mezzo. Hai ragione Debaseriano, è poco.
Ma dove riesci ad arrivare con la mente in questo minuto?
Non c'è un ordine preciso, capovolgilo, invertilo, inventane uno nuovo. Lo senti? Nasce dal minimalismo di un pianoforte, quello classico di Nyman o del nostro Ludovico Einaudi. Nasce da queste infiltrazioni elettroniche memori di collaborazioni con Brian Eno, nasce da un supporto d'archi dietro di te, che seleziona immagini dalla memoria e te le sbatte addosso come solo la semplicità riesce a fare. E' la potenzialità di un inizio, il pezzo di un puzzle, quello che manca sempre per finirlo, il primo tasto che hai suonato in un pianoforte, quella sera d'estate che da sola varrebbe una vita spenderla solo per raccontarla.
Ripenso a quello scrittore del secolo scorso, unisco tutti i pezzi e capisco che ogni cartolina è corrispettivo musicale esatto a quel libro che ha scritto trent'anni fa, e che ora ho sul comodino, quel libro dove nello stesso, identico modo sono gli inizi a tessere la trama. E mi viene un po' di tristezza, perchè quest'album lo avrebbe ascoltato volentieri, come farebbe Un Viaggiatore in Una Notte Di Inverno.
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