Quanto mi appresto a scrivere non sarà una recensione vera e propria, anzi... diciamo che vi racconterò una spaventosa favoletta della buona notte, e sarà lunghetta. Quindi se vi spaventano le storielle horror lasciate stare :-)
Ah, sarò un po’ dissacrante, please no offense!

C’era una volta un gruppo. Il loro nome era Mayhem. Ora non esistono più. Almeno non con quella line up che compose questo live registrato nel 1990 in quel di Leipzig. Ma chi erano questi Mayhem e perché mi accingo a recensire questo live? Loro sono considerati i “padri” del black metal (lo so che ci sono Venom e Bathory prima, ma va beh...) e hanno una storia alquanto originale. La si potrebbe definire una fiaba nera (o rosso sangue) degna di Poe, con l’unica eccezione che quanto vi racconterò è (più o meno) successo sul serio. Preciso che non è mia intenzione essere rigoroso!

Introduciamo i protagonisti:
Per Yngve Ohlin in arte Dead (e mai nome fu più azzeccato!). Il ragazzo cresce parecchio introverso, distaccato, vaga spesso con una candela per i boschi, racconta di strane allucinazioni, di non essere di questo mondo (leggete il testo di “Life eternal” per esempio), per non parlare di quello che fa ai concerti! Il nostro amava tagliuzzarsi le braccia con un coltello, tenere animali morti in decomposizione in un sacco per poi esporli ai concerti e tante altre cose carine. Chissà cosa gli passava per la testa, troppo matto o troppo sensibile?
Domanda a cui è difficile rispondere visto che il 3 aprile del 1991 si tagliuzza per l’ultima volta le braccia (altezza vene dei polsi) e, per non sbagliare, si spara un colpo di fucile in bocca. Il suo ultimo messaggio? Excuse all the blood (scusatemi per il sangue, simpatico il tipo...).
Finisce in questo modo la vita di quella che è stata la voce del Live in Leipzig.

Singolare anche la storia del ritrovamento del cadavere di Dead, ma prima di parlarvi di questo devo introdurre il secondo personaggio della storia:
Øystein Aarseth in arte Euronymous. Il nostro è il chitarrista storico del gruppo, figura centrale della scena black e capo del famigerato “Inner circle” di cui si è detto tutto e il contrario di tutto (cioè niente). Padrone di un negozietto di dischi chiamato Helvete (=Inferno) ha fondato anche una propria etichetta discografica.
Ma torniamo a quel 3 aprile. Il nostro chitarrista torna a casa e trova il povero Dead… dead (morto appunto). Sangue e pezzi di cervello dappertutto (a quanto pare le scuse postume del suicida servivano). Cosa fare? Scappare disgustati? Chiamare la Polizia? Svenimento? Niente di tutto ciò! Il nostro Euronymous pensa bene di scattare varie foto del disastro (saranno la copertina del bootleg “Dawn Of The Blackhearts”, guardare per credere), conservare come amuleto un pezzo di cranio del cadavere, e giusto per provarle tutte, raccogliere un po’ di cervello di Dead dead, metterlo in frigo, e mangiarselo qualche giorno dopo.
Il nostro chitarrista raggiungerà il suo compare qualche anno più tardi (10 agosto 1993) ucciso da una pugnalata alle spalle da parte di Varg Vikernes (noto come Burzum). Motivo? In base a quanto affermato dall’assassino il suo è stato “un omicidio preventivo”, Euronymous aveva, infatti, intenzione di ucciderlo a sua volta.
Finisce in questo modo la vita di quella che è stata la chitarra del Live in Leipzig.

Del bassista del live Necrobutcher niente da dire.
Del batterista, Hellhammer, c’è da dire solo che è uno dei migliori “picchiatori di pelle” presenti nella scena metal estrema.

In conclusione, con dei soggetti così, poteva mai uscire fuori un live ordinario? NO, e questo Live in Leipzig ne è la conferma. È il Made in Japan del black metal.
"Come on Leipzig. Come on!!! Join us pure fucking Armageddon!!!"
Li vogliamo ricordare cosi, ancora vivi e con una testa di maiale impalata sull’asta del microfono!

Carico i commenti...  con calma