Il debito che Corky paga nei confronti del padre è uno spettro caleidoscopico di emozioni alla scoperta di come le origini della musica tradizionale americana influenzino pesantemente il gusto contemporaneo (siamo qui nel 1969), ma con il senno di poi anche quello ancora venire; come in una sorta di "non-cambia-fondamentalmente-mai-niente", se non i mezzi tecnici usati al servizio dell'espressione.

Mayo Thompson, deus ex-machina di quel folle e geniale progetto che erano (sono) i Red Crayola, porta in questo suo isolato progetto solista, tutto l'armamentario di sapori ed emozioni che hanno caratterizzato il gruppo, mettendolo all'opera in un progetto più intimista ed umorale... dissacrante nei testi verso la società sempre più denaro-centrica e de-umanizzata, e nella musica che non è più il carrozzone circense di Red Crayola, ma che attraverso un'apparente semplicità sviluppa un ampio spettro di forme espressive legate al cantautorato "colto" che sta uscendo alla ribalta in tutto il mondo.

Il country "barrettiano" dell'iniziale "The Lesson", dissacrante invettiva contro il sistema scolastico, o il drammatico vaudeville di "Around The Home", denuncia della spersonalizzazione che sta dilagando nella società; ne sono fulgidi esempi. Ma Thompson è molto di più di questo, non si limita, è un fiume in piena, prende Bob Dylan e lo fa interpretare da Nick Cave, nella splendida "Good Brisk Blues" deve la voce cantilenante del primo vive della tensione del secondo, supportata da una scheletrica struttura ritmica ed un inquieto pianoforte. Prevede un certa cinematografia minore anni settanta nel rurale easy-listeng freak della compiuta "Horses" o nella rarefazione di lontana estrazione orchestrale di "Dear Betty Baby" con i fiati a colmare le volute manchevolezze della chitarra acustica e della voce. Fiati che spariscono completamente nel blues intimista di "Black Legs", omaggio a tutta quella tradizione nera... figlia della schiavitù e del cotone, quasi in contrasto con il folk di "Fortune" intriso di quella malinconia tipicamente britannica, di cui Nick Drake è stata massima e sublime espressione, anche se qui viene leggermente imbastardita con il country da cui un texano come Thompson sembra non poter prescindere.

Come si nota anche nell'altra piéce di forte impronta barrettiana che è "Oyster Things" dove una morbida slide fa capolino tra le maglie di una marcetta da vaudeville infantile; anche se va sottolineato che il nostro non è assolutamente debitore di niente al diamante pazzo di Cambridge, del quale è coevo, se non leggermente in anticipo sui tempi e probabilmente non assurge alla meritata fama che ha oggi Barrett (sarai sempre nel mio cuore Roger Keith, R.I.P. - n.d.l.) per la diversa strada intrapresa da Mayo.

Questo "Corky's Debt To His Father" è sicuramente un album di più "semplice" fruibilità rispetto ai suoi predecessori firmati Red Crayola (Krayola), anche se "Worried Worried", brano che lo chiude è inquietante, tanto risulta in anticipo sui tempi. Prendete i Faust di "Je Mal Aux Dents" e spogliateli di quella copertura dence-elettronica, aggiungetevi il freddo e granitico blues di cui erano capaci i sei di Amburgo con la voce che di Péron che sembra inciampare nell'inglese scelto per il cantato, ed avrete il più incredibile pezzo di kraut ante-litteram mai ascoltato.

Parola.

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