Ci sono dei dischi che si ergono a paradigma di uno stile, a volte perfino di un genere. Ci sono dischi apripista che segnano una svolta decisiva. E ci sono anche artisti che già a 18 anni sono dei maestri. Come Monk, ad esempio, che a quell'età scriveva una delle meraviglie del jazz, 'Round Midnight, regina degli standards, ballad armonicamente complessa ma incredibilmente fascinosa: la risenti in diecimila intrerpretazioni e, magicamente, è sempre diversa. McCoy Tyner è, con Evans, Monk, Flanagan e pochi altri, uno di questi giganti, oggi ancora sulla breccia malgrado l'età e la malattia. Assurge al Gotha pianistico prestissimo e diventa una leggenda, influenzando da protagonista lo sviluppo bebop dei successivi (e fondamentali) anni. Il suo pianismo è solido, armonico, è erudito e lirico insieme, formalmente ineccepibile. Il californiano è dotato di una tecnica portentosa, in grado di trovarsi a proprio agio anche accompagnando, senza soggezione, uno dei jazzisti in assoluto più funambolici e impegnativi, John Coltrane, a cui è indissolubilmente legata la sua fortuna artistica. "A Love Supreme" è un disco-svolta anche grazie al perfetto interplay tra sax e piano.

Il Cd recensito è un'opera, secondo il mio avviso, di assoluta perfezione. Siamo nel 1963 e la forma "jazz trio" viene stigmatizzata in musica. È un piccolo, prezioso manuale per le generazioni future. Erede dell'insegnamento di Bud Powell e Art Tatum, Tyner esegue otto brani che attingono per lo più al patrimonio standard. Spicca una superba 'Round Midnight, magistralmente eseguita in assoluta ortodossia e rigore stilistico. Il disco sembra un'opera in atti, tanto le tracce sono magistralmente legate e musicalmente connesse: sembra di ascoltare un unico brano con brevi interruzioni, senza che ciò possa essere considerato un difetto. Il sound è mantenuto sempre in chiave tradizionale e rigorosamente tonale. Siamo lontani dal fantasioso gioco di voicing per quarte, lo spericolato "in & out" o l'improvvisazione modale dei successivi lavori (soprattutto col quartetto di 'Trane) ma è eleganza allo stato puro, soft, cristallino. Quasi sempre l'accompagnamento ritmico viene eseguito con le spazzole, il basso affonda nell'ovatta e la melodia è sussurrata, levigata, sempre perfettamente intelligibile e senza spigoli. Tyner dipinge in bianco e nero, con le ombre della luna. Potremmo definirli dei notturni in chiave afroamericana, quintessenza di jazz-ballads, in cui sentimento meditativo e romanticismo sono privati di lazzi e fronzoli e tradotti, attraverso il linguaggio scarno e asciutto del nascente post-bop, in otto acquerelli moderni. Un disco da cinque "candele", per chi cerca musica universale.

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