Il Signor Marvin Aday, noto ai più come Meat Loaf, deve la propria fame prevalentemente a quel capolavoro che fu "Bat Out of Hell", un dischetto che dalla fine degli Settanta ad oggi gli ha dato la possibilità di vendere giusto alcune decine di milioni di copie. In un momento in cui il punk e l'heavy metal erano sulla rampa di lancio uscirsene con un lp che fosse un concentrato di rock'n'roll anni Cinquanta e che trasudasse da ogni singolo solco la passione di Jim Steinman, vero deus ex machina dell'intera operazione, per il più classico musical poteva rivelarsi ben più che un azzardo, ma, ironia della sorte, quel disco lanciò entrambi nel gotha della musica mondiale.

L'idillio naturalmente dura poco e da lì a breve i due avrebbero trascorso gli anni Ottanta a battibeccare a colpi di avvocati, e tutto ciò mentre Aday cercava di tenere in piedi la baracca tra una bancarotta e l'altra. Come da tradizione vuole, comunque, dopo quindici anni di stracci che volano avviene la tanta sospirata riappacificazione, con un nuovo album che non poteva che riproporre la formula del loro grande successo, ovvero "Bat Out of Hell II", che rilancia definitivamente le quotazioni di Meat Loaf. Le vecchie ruggini però non vogliono sapere di andarsene e da lì a breve il sodalizio tra i due si interrompe di nuovo: Aday è comunque un ottimo organizzatore del lavoro altrui e da quel momento in avanti la sua carriera sarebbe tornata ad altissimi livelli, anche grazie al fatto che di volta in volta si sarebbe circondato di autori e musicisti di primissima scelta.

Questo "Couldn't Have Said It Better" è del 2003, raramente viene citato tra i suoi album di riferimento ma è sicuramente un disco di gran qualità, con tutte le carte in regola per diventare un piccolo classico. Riuscendo, in tale occasione, a portare alla sua corte figure del calibro di James Michael, Nikki Sixx, Diane Warrenn e Tod Rundgren, oltre che turnisti navigati come Kenny Aronoff, "Couldn't Have Said It Better" si rivela essere un album completo, con brani di qualità, ottimamente suonato e prodotto. Non aspettatevi alcun cambio a livello di direzione musicale, non avrebbe senso: Meat Loaf si ripropone in ciò che sa fare al meglio, ovvero interpretare con maestria brani magniloquenti, trascinanti, adatti forse più ad uno spettacolo di Broadway che ad un festival rock.

L'omonimo brano di apertura ripropone l'accoppiata vincente con la grintosa Patti Russo me le successive "Did I Say That" e "Why isn't That Enough", più cadenzate, mettono in risalto le doti interpretative di Aday anche su pezzi più soffusi. Dopo il breve intermezzo strumentale, che idealmente divide l'album in due capitoli, la seconda parte si rivela all'altezza della prima grazie ai brani come "Testify", uno dei pezzi migliori del disco, che riesce ad alternare passaggi più trascinanti a cori evocativi, mentre "You're Right, I was Wrong" e "Because of You" ripropongono quel rock di stampo pianistico, sempre a cavallo tra rock'n'roll ed AOR, che già in passato aveva fatto la fortuna del Nostro. In chiusura due cover, "Forever Young" di Bob Dylan e "Mercury Blues", vecchio classico degli anni Quaranta, qui presente come traccia nascosta. "Couldn't Have Said It Better" ai tempi della sua pubblicazione non riscosse un particolare successo, ma in compenso il lungo tour fece registrare il tutto esaurito praticamente ovunque, confermando come il peso ed il carisma di una figura come quella di Meat Loaf fossero ancora intatti a distanza di anni. Ottimo album, fresco e vivace, ennesima grande prova di un altro immortale del rock'n'roll.

"Couldn't have said It Better":

1. Couldn't Have Said It Better
2. Did I Say That
3. Why Isn't That Enough
4. Love You Out Loud
5. Man of Steel
6. Testify
7. Tear Me Down
8. You're Right, I was Wrong
9. Because Of You
10. Do It!
11. Forever Young

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