Ecco che tornano a girarmi in testa, a risuonare in macchina, tra stanze, visi e situazioni casuali. Forse colpa della primavera che crea interdipendenze tra benessere e malore su di me, fatto sta che i Meat Puppets talvolta sanno farmi non pensare nel costante limbo di semplice divertissment che creano.

Sbocciano fiori e sembra di avere tutto l'orizzonte per correre.

E allora Monsters è tra quelli che preferisco. Ricordo il primo acchito con un brano d’apertura per me folgorante: suono grezzo e ritornello a melodia spianata dal ride su frenetiche chitarre distorte. Descrizione forse fuorviante per l’ascolto del disco, ma cosa è indicativo in un album dei meat puppets? Di certo il modo di porsi, in quel crocevia tra disarticolazione e perfezione formale.

1989, decisamente ripuliti dalle anche solo vaghe cacofonie, persa per strada la visceralità punk di certi deliri, similmente al precedente qua sembrano sperimentare con la melodia sulle loro tipiche tessiture country, blues con sbaffi psichedelici (dopo aver proposto un modo rivoluzionario di suonare la chitarra, tra le cose, beh, Curt non ti presento neanche, lo ha già fatto Kurt, diciamo così, e come suona dirlo). Uno spettro musicale in cui tutto regge perfettamente, in una serena e spensierata demenza: insomma, tra vette melodiche e ritmiche sdentate un sorriso da qualche parte scappa sempre.

Attacked by monsters: l’opener che si diceva.
Like Being Alive: la ballad vaporosa, potrebbe essere dipinta più che suonata.
Light: un pezzo che mi veste la risposta di come la musica freak si fosse consolidata nel tempo.

Niente da dir, anche scriverne mette di buon umore, felice lascio la paginetta di un disco che descrive una delle loro metamorfosi che mi affascina di più.

LP

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