Di tutti i gruppi che hanno contribuito alla nascita del grunge i più artisticamente validi sono molto probabilmente i Meat Puppets, fautori di un country-hardcore che nel corso degli anni '80 ha subito svariate modifiche e trasformazioni. La band dei fratelli Curt e Cris Kirkwood s'impose dapprima con un cow-punk fugace e innovativo (quello di "In A Car" e "Meat Puppets") e affinò man mano tecnica e stile, raggiungendo sugli album "Meat Puppets II" e "Up On The Sun" una maturità e una perfezione immediate. Geniali lo erano molto, e come tutti gli artisti geniali che hanno promosso invenzioni musicali importanti non incontrarono favore commerciale, finchè un arcinoto complesso di Seattle interpretò in sede live alcuni loro brani.
Sebbene "Meat Puppets II" sia il loro lavoro più noto e ispirato, "Up On The Sun" rimane il culmine artistico raggiunto dai Meat Puppets. Non vi è un pezzo che non vada preso in considerazione per la sua carica emotiva o per le sue efficaci trovate strumentali. Non è stato fatto altro che ammorbidire maggiormente i toni degli esordi (strada che era stata già parzialmente intrapresa per "Meat Puppets II"), mettendo a punto un country psichedelico, a tratti progressivo. Anche la voce di Curt Kirkwood muta registro: si passa da urla catastrofiche ad una litania disincantata, quindi, emblematicamente, da un male denunciato furiosamente alla rassegnazione.
La titletrack-opener è un country sereno, dai passaggi melodici complessi che presto volgono alla malinconia, esasperata nel verso «Not too much more, too much more». "Maiden's Milk" è uno strumentale ricco di trovate chitarristiche, una musica da spazi aperti che passa dall'atmosfera medievale iniziale alla leggerezza della strofa fischiettata e delle linee di basso ottimistiche. In "Away" troviamo invece una struttura e una sezione ritmica più semplici, immediate, melodie appena abbozzate, quasi sussurrate, in bilico tra gioia e depressione, anche per via dell'interpretazione di Curt Kirkwood. "Animal Kingdom" è un fugace divertimento che combina psichedelia (le "strane" visioni che propongono le liriche) e ambientazioni medievali. Si regge tutta su di un'unica frase melodica, attorno alla quale s'articola una serie di variazioni strumentali repentine. "Hot Pink" è a metà strada tra Neil Young e i Grateful Dead di "American Beauty", vanta linee di basso efficaci e ben definite, pennella a parole paesaggi naturali e trascina a forza motivetti melanconici, cantati da Curt con solita negligenza, a dare un tocco più cupo al pezzo.
Tra i brani più interessanti del disco è da annoverarsi "Swimming Ground", che si dispiega tra arpeggi di chitarra madidi di tristezza, aperture spensierate, sebbene progredisca verso la fine in malinconia. Un tantino similare ai Gun Club, ma più pop di fatto è "Buckethead", che scorre piacevolissima tra linee vocali che s'intrecciano perfettamente con una chitarra mandolineggiante e sfociano improvvisamente in un intermezzo strumentale intrigante. "Too Real" si fonda, e nel testo e nella musica, su stati d'animo contrastanti, la noia intervallata dallo sprazzo di felicità, la pioggia e lo spiraglio di luce solare, per poi perdersi di nuovo nella realtà, che non è del tutto rosea. Verso la fine del disco iniziano a concentrarsi i capolavori, introdotti da "Enchanted Pork Fist", un indie rock convulso assimilabile ai contemporanei Dinosaur Jr. del primo album. "Seal Whales" è il miglior brano strumentale mai realizzato dai Meat Puppets (insieme ad "Aurora Borealis", su "Meat Puppets II"), denso di emozioni, di passaggi commoventi, di incompiutezza (la conclusione è quasi indefinita). Ma il capolavoro assoluto del disco è "Two Rivers": inizia con un basso grave e potente, che si mescola ad un arpeggio di chitarra piacevolmente ossessionante, sino a che non giunge la strofa, che si apre ad una frase di chitarra intervallata da armonici, il tutto completamente dissociato dai ripidi percorsi del basso. Il cantato è un biascicare svogliato, dà leda netta sensazione che tutto stia precipitando nel vuoto, che non ci sia alcuna via d'uscita, nonostante l'ottimismo strumentale del pezzo.
"Creator" è il brano simbolo dell'album, un folk progressivo in cui Curt Kirkwood trascina melodie sospese tra tristezza e felicità, speranza e disillusione, depressione e voglia di vivere, impreziosite dal suo peculiare stile vocale. I Meat Puppets decidono di concludere il loro miglior disco così, con un piccolo gioiello costruito su sentimenti antitetici, che sono poi la base, l'essenza di "Up On The Sun".
Uno di quei classici dischi che va sentito, non semplicemente ascoltato.
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