Anno 1997: dopo l'ottimo "Youthanasia" (1994) ed il trascurabile "Hidden Treasures" (1995, raccolta di alcune cover, b-sides e pezzi inediti scritti per le colonne sonore di alcuni film) i Megadeth tornano sul mercato con questo "Cryptic Writings".
In quegli anni, raggiunta ormai la fama e la popolarità a livello mondiale, nella mente del buon Mustaine deve aver fatto capolino la domanda: "Che fare, proseguire sulla scia degli ultimi album e proporre un heavy-metal molto mainstream, oppure tornare un po' agli antichi fasti thrash degli anni '80?" La risposta dev'essere sata, dato che Mustaine tutto è tranne che modesto,"perchè accontentarsi di una sola delle due opzioni, quando possiamo realizzarle entrambe?!"
Il risultato è un album che probabilmente finisce per scontentare entrambe le fazioni: a canzoni totalmente hard-rock e quindi molto facilmente assimilabili, si alternano alcune che tentano inutilmente di ricollegarsi ai gloriosi anni di "Peace Sells..." o "Rust in Peace", cercando di apparire dure e cattive, ma suonando invece come un ruffiano tentativo di non scordarsi quanto fatto nei primi anni di carriera e di non scontentare i fans più estremi ed esigenti; paradossalmente poi, sono proprio queste ultime canzoni a rivelarsi le più deboli del platter: un esempio sono "The Disintegrators" e "Vortex", canzoni piatte e scontate, che denotano anche una vena creatica ormai pericolosamente vicina all'esaurimento (emblematica in questo caso la conclusiva "FFF", identica in tutto e per tutto a "Motorbreath" dei "cugini" Metallica).
Molto meglio allora ascoltare le canzoni che caratterizzano ormai il nuovo corso intrapreso dai 'Deth, sulla scia degli amati-odiati cugini caiforniani: a partire dall'opener "Trust", la miglior canzone scritta dai Megadeth dell'epoca post-thrash: tenebrosa nel suo inizio di basso e batteria, trascinante nelle strofe e nell'orecchiabile ritornello (capace di stamparsi in testa fin dal primo ascolto) e perfetta poi nei continui cambi da riff energici a parti di chitarra acustica più soffuse, fino ad arrivare all'assolo melodico che riprende la linea del refrain.
Altri episodi degni di nota sono la successiva "Almost Honest", energico pezzo hard rock scelto come singolo, anch'esso caratterizzato dall'alternarsi di riff di chitarra elettirca a parti più lente e melodiche accompagnate dall'acustica; chitarra acustica che torna protagonista in "Use the Man", dal ritmo quasi country(!) nelle strofe fino all'esplosione di assoli e velocità nell'ultima parte: forse uno dei pezzi migliori dell'intero album. Di buon livello anche "A Secret Place", altro singolo corredato da video, caratterizzato da una struttura molto ben costruita e da un altro ritornello di facile presa sull'ascoltatore (anche se il riff principale sa terribilmente di già sentito...) e "She Wolf", dall'inizio accattivante, con una strofa in cui Dave sembra sputare le parole del testo e con un ritornello che contrasta efficacemente con la durezza del riff portante: ottima anche la chiusura affidata all'accoppiata Mustaine-Friedman, che propone in sequenza assoli e riff più melodici.
In mezzo, pezzi più o meno banali e scontati, le già citate "The Disintegrators" e "Vortex", "Mastermind" canzone che funge più che altro da riempitivo e che sarebbe forse stata più indicata come eventuale b-side di uno dei (numerosi) singoli estratti dall'album; "I'll Get Even", che segna la tendenza, poi fortemente sviluppata nel successivo "Risk", di comporre ballad dalle atmosfere malinconiche; "Sin", buon pezzo di hard-rock ma nulla più e l'originalissima (almeno per quel che riguarda i 'Deth...) "Have Cool, Will Travel". In questa canzone è da segnalare la presenza di un'armonica a bocca (!) che riesce a creare un'atmosfera quasi da paesaggio texano: anche qui si riscontra la presenza di inserti di chitarra acustica nel refrain: si rivela quindi una canzone godibile, certo la più originale del platter.
In sostanza si tratta di un album non molto ben definito: da una parte si trovano ottimi spunti, sotto forma di brani dal puro stile hard-rock (o meglio Radio-rock come lo definivano ai tempi i 'Deth stessi), dall'altro pallidi ed inutili tentativi di rinverdire i fasti di un'epoca ormai passata per sempre.. il livello dei musicisti è, al solito, ottimo; la musica proposta, anche se ormai lontanissima dal genere che li aveva portati nell'Olimpo del metal, è comunque di molto superiore a molte cose che si sentono ancora oggi in campo "rock-heavy-commerciale" e forse anche ai Metallica di "Load" e "ReLoad": certo è che si tratta forse di uno dei dischi più sperimentali dei Megadeth, ma anche quello che ne ha segnato l'irreversibile declino in termini di vendite in primis, e di considerazione da parte dei fans più intransigenti, ormai traditi dalla commercializzazione dei loro idoli.
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