Per tutti coloro che sono cresciuti con il metal, nelle sue molteplici varianti, un nome come quello dei Megadeth è sempre stato un punto di riferimento, anche se la prima sfolgorante parte di carriera è scemata quando il rosso Mustaine ha iniziato a partorire piramidi di escrementi, con punta massima "Super Collider". L'arrivo del quindicesimo disco in studio si portava dietro i dubbi degli ultimi lavori (a parere di chi scrive l'unico salvabile è "Endgame") e l'abbandono due anni orsono di due elementi: il chitarrista Broderick e il drummer Shawn Drover salutano e vanno via. Qualche mese e Dave Mustaine annuncia due nomi di peso per sostituire i partenti. La lineup viene ricostruita con Chris Adler (Lamb of God) dietro le pelli e il brasiliano Kiko Loureiro alla sei corde, famoso e funambolico prestigiatore chitarristico della power/prog metal band Angra. Con un misto di paura e curiosità è emerso "Dystopia".
Ciò che si può dire fin da subito dopo aver assimilato il cd è che siamo lontanissimi dalla merda fumante dell'album precedente. Va altresì detto che siamo equidistanti anche dal miracolo a cui gridano alcuni (fans ma anche critici) che guardano a questo lavoro come un ritorno ai fasti del periodo a cavallo degli anni '80 e '90. Insomma, piano con elogi o stroncature preventive.
La prima impressione che si ha è quella che il buon Kiko non abbia portato Mustaine a toccare lidi prog/power, evitando una commistione forse indigeribile per tanti fans. "Dystopia" suona bene, forse troppo, un po' come tutti i nuovi lavori dei grandi nomi del metal: fatta eccezione per gli Iron Maiden, ancora fedeli alla registrazione in presa diretta, tanti si sono ormai affidati a suoni talmente cristallini e puliti da risultare quasi finti e stereotipati. Plastica sonora per chi è stato abituato al grezzume insito in un genere come il metal. Detto questo, le divagazioni "carioca" non ci sono e l'ultima fatica dei Megadeth è di chiara impostazione thrash/heavy senza particolari sommovimenti sperimentali. Ci pensa l'opener "The Threat is Real" a fugare ogni dubbio tra i soliti riff graffianti di Mustaine e le invenzioni solistiche di Kiko. Pochi fronzoli, forma canzone e Mustaine che sfodera la sua sgraziata voce da alcolizzato, tenendo il timbro basso ed evitando voli ormai non più sostenibili. Un trend che porterà avanti per tutto il disco, sporcando continuamente le linee vocali. La titletrack ricerca maggiormente la melodia (che in verità è sempre presente in tutto il disco), mentre "Fatal Illusion" si concede un andamento più muscolare e anche il sottaciuto Ellefson si fa sentire con il suo basso. E' un inizio disco che chiarisce tutto ciò che verrà in seguito: per fortuna la qualità è su un livello totalmente diverso rispetto a "Super Collider", ma nonostante tutto sia al posto giusto manca quel quid di qualità generale per poter veramente dire "i Megadeth sono tornati". E infatti "Bullet to the Brain" lascia pochissimo e "Death From Within" viene intaccata da un ritornello sbagliato e privo di qualsiasi presa.
Che il lavoro chitarristico di Loureiro vada ad inserirsi senza stravolgimenti nel classico sound della band era forse prevedibile. Il brasiliano mette la sua tecnica al servizio del gruppo. Ma è quando le due menti collaborano che vengono fuori le cose migliori: l'invettiva politica "Post American World" richiama alla memoria la marzialità di una "Symphony of Destruction" (con le dovute distanze), mentre "Poisonous Shadows" è forse il pezzo più oscuro e prog-oriented del cd, nonchè uno dei più interessanti. Entrambi i brani sono opera congiunta di Mustaine e Loureiro. Le ultime tracce sono quelle che incidono meno, eccezion fatta per il proiettile "Lying in State", richiamo all'headbanging che fu.
"Dystopia" è complessivamente una delle migliori cose targate Megadeth degli ultimi 10/15 anni, di certo un livello paradisiaco se confrontato con ciò che è venuto prima di questo disco. I nuovi entrati nella band funzionano e Mustaine con la sua voce sgranata è meglio di tante altre volte. Il songwriting è abbastanza ispirato, pur non inventando nulla, ma almeno riporta la band ad un thrash/speed dalle caratteristiche classiche e dall'appeal d'annata. Niente per poter parlare di rinascita, ma con "Dystopia" si può tenere viva qualche speranza per il futuro.
7
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