Criticato dai fans, ma elogiato dalla critica.
Un gioco di parole che racchiude l’essenza dell’arrivo di Youthanasia.
Partorito (senza essere messo a lavare però...), nel lontano Hellowen del 1994, il disco segue un linea un po’ meno speed dei precedenti.
Mustaine già da “Contdown to extinction” aveva ricreato un suono più lento e pesante, provando a contrastare l’ondata grunge, che in quegli anni dominava la scena musicale. Questo disco è appunto la continuazione della “guerra anti-grunge”, con il risultato di un suono più elaborato.
I fans più tradizionali, i veri “defender”, sono rimasti un po’ delusi poiché si aspettavano che il sesto lavoro della band fosse un sorta di sacrosanto ritorno alle velocità di “Rust in peace” o perlomeno qualcosa che si avvicinasse allo speed metal grezzo iniziale. La critica in generale e le altre band acclamano invece il disco, soprattutto per i contesti, complimentandosi con Dave, che guida la line-up stellare dei ‘Deth, con mister Friedman alle sei corde, Ellefson al basso e con il drummer Menza.
L’album si presenta fluido e di facile ascolto, ma allo stesso tempo complesso musicalmente. Le influenze presenti sono moderatamente attinenti all'hard rock, ma senza mai tralasciare lo spirito thrash. Il sound è sempre quello di casa Mustaine, con le chitarre regine della scena e con una base ritmica impeccabile, ma anche inoffensiva dal punto di vista del doppio pedale.
Il fondatore della trash metal band è protagonista indiscusso del cd: con la sua inconfondibile voce e con la sua straordinaria bravura con la chitarra, assume perfettamente la posizione di frontman, realizzando assieme al genio di Marty, assoli e riff taglienti ed espliciti, seguendo però anche un sound metal più classico.
Ad aprire le danze è “Reckoning Day”, che tuona e non si ferma quasi mai, confermandosi una delle canzoni più belle e tirate del disco. Dalla distorta “Train of consequences” si incomincia ad intravedere lo stile pregnante dell’album: presuntuoso, graffiante e rovente! “The killing road” insieme alla sgargiante “Family tree” e alla semi ballad “A tout le monde”, completano il quadro dei pezzi più interessanti.
I restanti episodi offrono un ulteriore prova di abilità e maestria da parte della band nel regalare ottima musica e concludono un buon album, prodotto da Mustaine. La sagacia, il sarcasmo, la strafottenza e la critica racchiuse tutte in un album metal, come solo i Megadeth sanno fare.
Carico i commenti... con calma