Per sintetizzare la musica dei Mekong Delta potremmo parlare di "progressive-thrash" (con la 'h' rigorosamente al posto giusto...!): una definizione insolita per uno stile inedito, proposto da una band che non conoscevo affatto e che consiglio vivamente di procurarsi.
I nostri si formano nel 1985, coniugando perfettamente il metal teutonico (Sodom, Kreator) con la musica classica, ed arricchendo il risultato finale con passaggi "progressivi", intesi essenzialmente come continui cambi di tempo e giusto equilibrio tra aggressività, melodia e tecnica. I Mekong fanno evolvere in senso propriamente orchestrale il metal. E lo fanno arrangiando i brani in modo preciso ed incalzante, facendo convivere aspetti più melodici con impatto sonoro, seppur con qualche limitazione. Il tutto, utilizzando esclusivamente basso, batteria, voce e chitarre.

"Dances of Death" è costituito da 5 pezzi, in cui risaltano un'atmosfera classicheggiante da brivido ed una voce velenosa, che mi ha ricordato quella dei primissimi Voivod. Un cantato lacerante molto adatto allo stile musicale ed al contenuto dei testi (abbastanza originali, forse secondari rispetto al contenuto musicale).
La title-track rispetta fedelmente l'anima del gruppo, fatta di influenze metal arricchite con originalità e compostezza: unica pecca, l'eccessiva lunghezza del brano (20 minuti). Belle le influenze, fantastico il tema classico ripreso nel finale del disco da "Una notte sul Monte Calvo" (Mussorgsky), dure e variegate le ritmiche in ogni pezzo, per non parlare delle metriche "ad orologeria": ma divagare troppo, allungare il "brodo" all'infinito non si addice affatto ad una band del genere, che invece ama perdersi su riff ripetuti all'infinito, che lasciano un po' il tempo che trovano. 42 minuti che sembrano non finire mai.

I nostri riescono comunque ad evocare il miglior metal in brani eccellenti come "Transgressor" o "True Believers", oppure "Night On A Bare Mountain", rischiando però in certi momenti di sconfinare nella noia. Di solito parto con eccessiva "simpatia" verso band del genere, che tendo a sopravvalutare solo per il fatto di essere "underground": non credo di averlo fatto ora, e mi auguro quantomeno di avervi incuriosito. Ci tengo a sottolineare, per concludere, che il disco richiede ripetuti ascolti, dopo i quali potrebbe piacere a molte persone, dal fan di Malmsteen al "deathster" incallito. E non solo ...

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