Una cosa è bene specificarla subito: i Mekong Delta sono dei dissennati. Come potrebbe essere il contrario quando si decide di coniugare elementi classici con il metallo duro e puro, due mondi -apparentemente- distanti anni luce creando un vortice di emozioni che fino a quegli anni (siamo nel 1994) non aveva avuto eguali. Pazzi si...ma altresì ingegnosi.

Il rilascio di ''Visions Fugitives'', sesto studio album dei pionieri del Progressive/Thrash (riconoscenza da spartire con gli elvetici Coroner) fu salutato dal mondo del metal come uno dei lavori più innovativi ed influenti mai partoriti avendo la particolarità ed il fascino di possedere due facciate musicali ben distinte: quella techno-thrash ''cattiva'' delle prime ed ultime due composizioni e quella eterea della suite centrale, a sua volta divisa in sei capitoli. Per quanto concerne i pezzi thrash non ci vuole più di qualche secondo per comprendere l'approccio musicale seguito dai tedeschi all'attacco dell'opener ''Them'': acuti e sofisticati riff di matrice power si fondono alla labirintica sezione ritmica (capeggiata da una prova spaventosa di Peter Haas dietro le pelli) ed a braccetto con la bizzarra voce di Doug Lee (un'incrocio tra Snake dei Voivod e Buddy Lackey degli Psychotic Waltz) forniscono la percezione di eccentricità da sempre caratteristica della band. ''Imagination'' conferma la bontà musicale dei nostri con i suoi ritmi elevati, figli del gioco costante tra basso e chitarra (alla Watchtower per intenderci) mentre compaiono brevi breaks acustici (''Days Of Sorrows'') e stacchi in tempi dispari congeniali al chorus (''The Healer'') alla maniera dei primi Sieges Even. Le quattro tracce suddette hanno tutte un punto in comune: il mix è nel complesso troppo cupo e l'atmosfera che si viene a creare risulta forzatamente inquietante, componente che crea, in alcuni passaggi, un pizzico di disagio.

La suite centrale (composta per intero dalla mente del gruppo, il bassista Ralph Hubert) è, come accennavo in precedenza, esempio sfolgorante di musica classica composta da una band metal: dopo una bella apertura di chitarra pulita, ''Preludium'' introduce lenti e tortuosi passaggi sinfonici seguiti da strazianti suoni di violino in sottofondo; quasi una colonna sonora perfetta per un film dell'orrore. ''Allegro'' è decisamente la parte più pesante, risultato della perfetta miscelazione tra la porzione maligna del thrash con quella estatica della classica: pura poesia. Da ascoltare per credere. ''Dance'' lascia interdetti grazie ai suoi elementi avant-garde tanto cari negli anni successivi ai vari Arcturus, Ulver e compagnia bella fino a che gli arpeggi beati di ''Postludium''dissolvono il caos oscuro che si era fin qui determinato.

''Visions Fugitives'' per concezione musicale è senza dubbio un'album da applausi a scena aperta, tuttavia il suono dei synth nelle parti orchestrali della suite risulta eccessivamente scolastico (con tutta probabilità a causa delle scelte politiche a basso profilo economico) e pure la produzione e il mixaggio, per lo standard elevato delle composizioni, lascia parecchio a desiderare tanto da far credere che, con ogni cosa al suo posto, questo platter sarebbe potuto diventare un masterpiece assoluto al pari di ''Dances Of Death''e ''The Music of Erich Zann'' degli anni precedenti.

Entusiasmante ma anche un filo stridente.

Carico i commenti...  con calma