I Melechesh sono una realtà musicale esistente da più di un decennio, nonchè la prima Black Metal band di origine israeliana.
I Nostri, fondati nel 1993 dal sempre ispirato mastermind Ashmedi, hanno l'obbiettivo di portare le suggestioni delle leggende mesopotamiche nel panorama della musica estrema; rilasciano nel 1996 il demo "As Jerusalem Burns… Al' Intisar", seguito nel 2001 da "Djinn" e nel 2003 da "Sphynx". In questi platter, conditi da una buona dose di originalità, troviamo gli stilemi di quello che Ashmedi ama definire "Mesopotamian Metal": la musica Folk mediorientale viene reinterpretata sulla base di un'intelaiatura Black-Thrash, con occasionali innesti di strumenti tipici. Nonostante l'originalità della loro proposta, i Melechesh rimangono a lungo una band di nicchia e riescono ad ottenere l'attenzione del grande pubblico metal solo con l' uscita dell' ultimo "Emissaries", che mi appresto a recensire.
L'album in questione si ispira come sempre alla mitologia della terra dei due fiumi, ma viene supportato da una produzione assai accurata che lo rende maggiormente godibile e permette di apprezzare i tecnicismi dei musicisti coinvolti. L'opener "Rebirth Of The Nemesis" è un'ottima traccia, ispirata al poema epico Enuma Elish; è forse la più adatta a dimostrare la spiccata abilità della band nell'unire violenza sonora, tecnicismo e atmosfere evocative. Seguono "Ladders To Sumeria", forte del suo possente incedere Thrash, e la lunga "Deluge Of Delusional Dreams". "Touching The Spheres Of Sephiroth" è una track veloce, di spiccata matrice Black, che anticipa la straniante "Gyroscope" e "Double Helixed Sceptre", canzone epica, assimilabile a "Ladders To Sumeria" per la sua solennità. La traccia numero sette è "The Scribes Of Kur", piacevole quanto inaspettato intermezzo dal sapore spiccatamente mediorientale, condotto da deliziose chitarre acustiche. Conclusa la divagazione Folk, troviamo ad aspettarci "Leper Jerusalem", godibilissima, dotata di un testo epico e una melodia coinvolgente come poche altre. E poi la crudele "Sand Grain Universe" a preannunciare la fine, sancita da "Emissaries And The Mysterium Magnum", lenta, atmosferica traccia, che conclude il sogno arabico evocato dagli stregoni Melechesh.
Invito chiunque a dare almeno un ascolto a questo disco per scoprire una realtà unica nel panorama musicale internazionale, e magari per appassionarsi ad una cultura antichissima, degna di essere (ri)scoperta e valorizzata.
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