Ultima fatica del gruppo, datata 2004, che finalmente (e meritatamente direi) troverà spazio anche negli scaffali dei negozi. Infatti a testimonianza del loro talento, nonchè della loro (o della sua dovrei dire) caparbietà, i nostri sono riusciti ad ottenere un contratto con la DeadSun records che stamperà e distribuirà questo disco.

Dieci anni sono passati dai loro esordi, ed oggi, dopo mutamenti, cambi di line up, 2 demo e un cd a metà strada tra il promo e l'album vero e proprio i MOALS riscono ancora ad emozionarci e ad ottenere qualcosa di più come musicisti grazie a questo che ufficialmente è il loro album di debutto. Questi sette passi verso il nulla ci portano come sempre in altri mondi all'insegna del mistico e dell'oscuro passando per il melodico, in esso sono sapientemente fusi assieme il black, il death, il progressive, la neoclassica, senza mai dare troppo peso ad uno di essi e rimanendo sempre ben saldi su di una linea personale e bilanciata, che da il giusto valore ad ogni canzone.

Questo tecnicamente parlando, riguardo il concept che c'è dietro siamo di fronte a un intreccio di angoscia, tristezza e dolore che si intersecano fra loro, "musica disperata" come Buzz stesso ama definirla, che da vita a visioni tetre che approdano inesorabilmente verso un unico territorio: quello dell'incertezza e della presenza del nulla come coadiuvante di ogni cosa. Stravolgente il cambio di line up, che vede come componente originario solo il cantante/chitarrsita Buzz. Per il resto, è cambiato tutto e la differenza si sente: notevoli gli apporti dati dalle tastiere alle melodie delle canzonie raffinatissima la batteria (lo strumento che mi ha lasciato più soddisfatto, sebbene apprezzassi gia tantissimo il precedente drummer) che ha un carattere più progressivo rispetto al passato, mentre invece la mancanza di un altra chitarra a volte si soffre.
Le sonorità sono un pò meno oscure del passato e la venatura death si fa un pò meno marcata, dando più spazio ancora al melodico/sinfonico e agli arrangiamenti un pò meno crudi, ma più ricchi "atmosfericamente" parlando, grazie appunto alle tastiere.

Quello che stupisce, per chi li conosce è la loro perseveranza nel tempo, che non ha dato tregua, sfornando sempre ottimi lavori, seppur con differenze di stile sempre notevoli a testimonianza della loro maturazione, e sebbene il loro successo sia sempre rimasto relegato ad una ristretta cerchia underground e alla stampa specializzata. Questo album rappresenta oltre che un ottimo trampolino di lancio verso orizzonti più ampi, anche un punto di arrivo e stabilizzazione del tipo di musica che Buzz vuole produrre. Sono lontani infatti i tempi dello spartano "Son Of My Satanic Creation" (non vi fate impressionare dal titolo) datato 1997, che proponeva un death molto più diretto e secco (ma sempre di stampo svedese) e oggi l'esperienza maturata si percepisce al volo in ogni singola canzone, in ogni singolo passo verso il nulla. Ben registrato e ben prodotto sono proprio curioso di vedere come sarà la versione distribuita dalla deadsun.

A differenza di altri loro lavori, mi posso permettere di consigliarlo anche a chi si avvicina per la prima volta a questo genere, a chi cioè non cerca sfrenatezza a tutti i costi e pogo alla cieca, ma ricercatezza e raffinatezza, buona musica e bravi musicisti.

Carico i commenti...  con calma