L'esordio di una band è sempre importante. Di solito molti dei fan della prima era ripudiano i lavori successivi in favore della schiettezza e della freschezza di idee che ciascuna formazione a suo modo possiede sempre all'inizio. Il caso non è certo quello di questi quattro ragazzi reggini in quanto la loro carriera si attesta ancora sui 10 anni e non hanno avuto modo di sputtanarsi, complice anche l'ambiente in cui operano e il genere che propongono. Anzi a dire il vero (e chi li conosce avallerà questa tesi) i lavori successivi a questo sono sempre stati un crescendo di novità compositiva che li ha portati ultimamente alla pubblicazione di un full length che possiede una maturità rispetto a questo primo lavoro decisamente (e chiaramente) notevole.
Nel 1997 si era già nella piena era in cui era molto di moda suonare black metal o death metal svedese, e i MOALS non facevano eccezione. Qualcosa però, per loro, ha fatto la differenza: essere tra i primi, e spiccare all'interno di un paese dove soprattutto nell'estremo sud (cosa che vi posso assicurare per esperienza diretta) non è affatto facile farsi notare. È stupefacente come alle volte siamo disposti ad andare oltre oceano a cercare i più impensati gruppi, quando i talenti ce li abbiamo sotto al naso, qui, nella nostra bella Italia, l'Italia di Sanremo e di tutti quegli sfigati che non vi sto ad elencare.
Questo piccolo lavoro rappresenta una pietra miliare nel nostro underground, ed è stato tra l'altro molto stimato anche all'estero (principalmente in Francia), componendosi di canzoni acerbe ma che fecero notare (e chi se ne accorse, oggi non èstato smetito) già una certa indipendenza artistica e una grande capacità tecnica, sia strumentale che compositiva, per dei giovani che all'epoca avevano un età media intorno ai 20 anni. È vero, i cloni degli At The Gates già c'erano, ma in Italia non erano molti, e soprattutto non erano tutti ugualmente in grado di proporre canzoni nuove, principalmente negli intenti e nel songwrinting dato che il genere era ormai stato inventato.
L'ascoltatore si troverà di fronte a soli 6 pezzi registrati anche un po' male, a causa dei limitati mezzi, ma la freschezza e la ventata di underground metal nostrano di quegli anni faranno passare in secondo piano questi aspetti. Chitarre morbide a tratti, e taglienti in altre situazioni, tempi veloci ma parti anche molto cadenzate con arpeggi melodici di chitarre pulite, riffing tipico del death di matrice svedese e a tratti lontanamente thrash, voce bassa e un po' roca molto diversa da oggi.
Queste in sintesi le caratteristiche principali di un demo che propone una band che aveva già le idee chiare su cosa fare, e soprattutto come. È curioso a tratti sentire la pelle del rullante della batteria vibrare mentre la chitarra arpeggia, segno della genuinicità della registrazione in presa diretta. Le atmosfere sono cupe, a dispetto del loro luogo di provenienza ma la componente melodica è già molto marcata e a distanza di tanti anni questo demo cd non manca di emozionare l'ascoltatore che ha vissuto quegli anni e ha conosciuto la band vedendola progredire. Sarei incerto nel consigliare questo come primo ascolto dei MOALS per le suddette caratteristiche, ma se vi piacciono i lavori successivi questo non potete mancare di ascoltarlo, e, alla faccia di tutti gli "omini perplessi", poichè era l'unico tassello che mancava alla loro discografia su questo sito l'ho recensito.
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