Se uno dovesse passare una ventina di minuti in officina tenendo gli occhi chiusi e poi dovesse ascoltare I dei Meshuggah probabilmente non ci troverebbe una gran differenza.

Non so se i Meshuggah sarebbero mai piaciuti a Andy Warhol, e soprattutto non so se ai Meshuggah sia mai piaciuto Andy Warhol, però con questo disco mi viene di pensare che abbiano preso alla lettera e portato alle estreme conseguenze la sua poetica del cosiddetto "snobismo macchinale".

Se Warhol avrebbe voluto "diventare una macchina", i Meshuggah sono arrivati molti vicini a esaudirlo, e infatti suonano come una macchina.

E' molto difficile da credere che questo EP sia stato registrato sul pianeta Terra, quantomeno quello del presente. Qui non si può ascoltare soltanto, bisogna anche sforzarsi di immaginare, o meglio, visualizzare.

Se quanto faceva Warhol metteva a nudo, con una specie di esagerazione, di iperbole, il processo di mutazione che la società e la vita nell'epoca post-moderna stavano subendo, scomponendo l'immagine, tagliandola, allargandola, modificandola, ingrandendola, e soprattutto riproducendola, serializzandola, senza una premessa, uno scopo, un messaggio, una circostanza; allora i Meshuggah sono andati oltre, hanno cercato di pensare all'esito di un simile processo, hanno visitato con la mente quel mondo e ce ne hanno portato una diapositiva.

Il risultato mi sembra verosimile: caos meccanizzato, sincronismo esasperato, asetticità maniacale, frastuono e rimbombo strutturati e destrutturati, qualche malsano eco proveniente da un orizzonte desolato, gelide melodie atonali, e ogni tanto le urla senza senso di un folle che impreca, ammonisce, rimprovera, impazzisce. Unico elemento, la voce, rimasto a suggerire umanità, come se nel panorama di enormi macchinari l'uomo, e con esso quanto di umano, fosse quasi scomparso, minuscolo di fronte agli ingranaggi industriali come nella Metropolis di Fritz Lang, una presenza marginale come in certi quadri di De Chirico.

E' musica che suona come la colonna sonora di una realtà in cui tutto si ripete e si espande, uguale e diverso, nascendo e morendo insieme, oltre l'alienazione e oltre il consumismo, una realtà in cui il momento della produzione coincide con quello del consumo, tanto che non c'è più spazio per la vita: l'esistenza divenuta ormai catena di montaggio. E purtroppo, tutto suona molto attuale.       

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