Ciao a tutti, sono nuovo di qui, vi sarei quindi grato se mi deste consigli utili su come migliorare a scrivere recensioni.

Spulciando per bene il database di debaser, mi sono accorto oggi che già è presente una recensione sul disco che voglio recensire, ma poichè il voto dato e l'analisi fatta dal recensore non mi sono parse molto obiettive, ho deciso di rianalizzare il disco da un altro punto di vista, per trarne diverse conclusione: l'album a cui mi sto riferendo è "obZen", ultimo disco dei Meshuggah.

Nati nel 1987 in Svezia, più precisamente ad Umea, i Meshuggah sono da sempre considerati una delle creature più atipiche del panorama metal, in quanto, pur proponendo un genere definibile come technical-post thrash metal, si sono sempre distinti dagli altri gruppi, grazie ad un utilizzo mai troppo esibizionista della tecnica, peccato nel quale cadono molti altri e che di conseguenza scadono poi inevitabilmente in una pura autocelebrazione ed esaltazione fine a se stessa. Dal 1991, anno in cui uscì "Contraddictions Collapse", ad oggi, questi cinque musicisti hanno sempre mantenuto un livello di composizione molto elevato nei dischi, il tutto sostenuto da un song writing curato e rifinito, limato quasi sino alla perfezione, senza mai lasciare nulla al caso, ed ancora una volta con questo "obZen", la tradizione viene rispettata: l'album suona già da un primo ascolto potente e compatto, le ritmiche sono sempre molto complesse, i brani articolati e tutti sostenuti dalle linee di chitarra essenziali ma sempre raffinate di Fredrik Thordendal, vero centro focale, dal mio punto di vista, della band. Troviamo poi, ancora una volta, dietro il microfono uno dei cantanti più acidi e particolari, vocalmente parlando, dell'ambito estremo, vale a dire quel Kidman che da dieci anni a questa parte continua a proporci una sorta di scream/growl quanto meno atipico.

A partire da "Combustion" sino ad arrivare ai 9 minuti e 36 di "Dancers To A Discordant System", l'album suona tremendamente vicino ai canoni tipici della band, e pur non proponendo nulla di nuovo, nell'accezione più stretta del termine, nessuno può dirsi insoddisfatto da quanto svolto dalla band: si alternano infatti momenti nei quali sono velocità e forza a farla da padrona, come si può notare in "Bleed", uno dei migliori pezzi dell'album, ma allo stesso modo si trovano pezzi più tipicamente meshuggahiani, e dunque dotati di ritmiche che spesso partono rallentate per poi accelerare improvvisamente, creando quel senso di claustrofobia che difficilmente sarà possibile riscontrare con altri gruppi.

Da notare inoltre come, a differenza di quanto accadeva negli altri album, in questo caso le parti solistiche che tendevano diluire il minutaggio nei vecchi album dei Meshuggah sono assenti, e le parti di solos fanno la loro comparsa solo in rare occasioni, risultando sempre estremamente sobrie e di gran gusto, e presentando anche qualche accenno al jazz.

Nonostante ormai nessuno sia più particolarmente colpito o shockato da una proposta già ben rotata e sperimentata, i Meshuggah del 2008 riescono ancora a colpire nel segno, risultando sempre eccezionalmente freschi e pieni di idee geniali, che rendono un album come "obZen" un gradino sopra tante altre uscite nel campo metal. 

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