La De...Marga... & Galensorg Productions è lieta di presentarvi un nuovo capitolo...

7 Ottobre 2016: Today is the day!!!
Oggi è il giorno che attendevo da mesi. Il giorno del ritorno discografico dei Meshuggah.

Nessuno suona come loro: unici, tremendi ed angoscianti. Trent'anni di carriera nella quale hanno centellinato i propri lavori; è infatti soltanto l'ottavo album sulla lunga distanza. Quattro anni dopo "Koloss", otto dopo "Obzen".
Poche volte ho letto una loro intervista, anche su riviste e siti che si occupano di Metal. Personaggi schivi, che non amano mettersi in mostra. Parlano con la loro musica; un Cyber-Thrash-Metal che mette soggezione, che incute terrore. Da sempre ogni loro nuova pubblicazione è finalizzata per fare male nell'ascolto, per provare dolore fisico e mentale: pesantezza, stordimento, ripetizione di suoni che scavano nell'inconscio.

In una rarissima intervista di pochi mesi orsono, per presentare "The Violent Sleep Of Reason", il batterista Tomas Haake così ha parlato "Il nuovo album è stato registrato in presa diretta; non l'avevamo mai fatto prima. "Koloss" ed "Obzen" sono due lavori riusciti, ma per me suonano troppo perfetti. Registrando invece live ci senti le imperfezioni, sia pur minime. Senti che uno di noi è più avanti rispetto agli altri. Volevamo recuperare l'energia grezza dei dischi degli anni ottanta e novanta che hanno contribuito a plasmare il nostro suono". Non credo servano commenti, anche perchè, conoscendo tutta la carriera musicale degli svedesi, ho già la chiave di lettura del disco.

In qualche modo i Meshuggah sono ancorati, sono indissolubilmente legati al loro modo di intendere la musica. Non riusciranno mai a cambiare, a provare nuove strade, ad aprirsi a nuovi orizzonti sonori. Sono "costretti" a sviluppare le nuove canzoni facendo leva sempre sul ringhio vocale di Jens, sulle chitarre ad otto corde di Fredrik e Mårten. Con quei riff ribassati, atonali, freddi, allucinati; di immane potenza. E quando puoi contare sul drumming inconfondibile di Tomas, schizofrenico ed obliquo, frammentato ed in controtempo, allora il risultato finale sarà un fiume in piena che ti investe nell'ascolto. Che non concede appigli, che non lascia superstiti.

Ora posso aprire il cd che ho da pochi minuti acquistato dal mio abituale pusher musicale; e potrò così sentire quell'odore così familiare della confezione cartonata. Poi premerò il tasto play e verrò annientato nei successivi cinquantotto minuti e cinquantacinque secondi.
Ecco ci siamo ha inizio "Clockworks"...MESHUGGAAARRRHHH...

...IN SPACE NO ONE CAN HEAR YOU UNLESS YOU SCREAM...

Scattano, appunto, i meccanismi del bestione cingolato. Una creatura che non ha bisogno di viaggiare ad alte velocità poichè la sua potenza di fuoco è senza eguali.

Ancora una volta gli svedesi di Umeå ci presentano un lavoro solidissimo, in cui l'esperienza accumulata in questi lunghi anni di musica ha il suo mastodontico peso e fa sì che il sound sia praticamente perfetto, molto simile agli standard degli ultimi dischi, tant'è che non sembra grezzo affatto. Non ci sono particolari sorprese, in tutta sincerità, da questo punto di vista.
La cosa sorprendente, invece, è la qualità e la freschezza puntualmente riscontrabili nei prodotti a marchio Meshuggah, sebbene l'antifona sia la stessa in ogni disco.

Come già presagito precedentemente, i riff sono più pesanti e tenebrosi che mai e te lo comunicano direttamente scaraventadoteli sulle spalle durante l'ascolto: brani come "By The Ton" e "Violent Sleep Of Reason" hanno proprio la capacità di lasciarti senza forze con il passare dei minuti e non c'è nessun Cireneo a prestarti aiuto durante questo calvario personale (e per fortuna, perchè i Meshuggah me li gusto da solo!).
Se poi si incappa in "MonstroCity" e "Stifled" le semi-paralisi e le crisi epilettiche sorgono spontanee, con dimostrazioni di tecnica paurosa nel perseguitato caos sonoro, ed è proprio qui che Thordendal e Hagström sfoderano dal proprio arco i migliori assoli. Sbilanciandomi più del dovuto, "MonstroCity" potrebbe già trovarsi di diritto nella top 5 degli assoli del loro repertorio.
Insomma, alla fine il singolo "Born In Dissonance" è servito solo da antipasto per ciò che sarebbe stato un piatto ricco di lamiere gelide e affilate, perchè è ciò che sarebbero questi brani se solo potessimo toccarli.

Il sonno della ragione genera mostri.

De...Marga... & Galensorg

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