Nati alla fine degli anni Sessanta, i Metamorfosi si affermano da subito come una delle realtà più interessanti del variegato panorama prog italiano. Ricercatezza nei testi, carichi di spunti letterari e religiosi, tastiere solenni e voce tenorile sono gli elementi di una proposta di successo. Dopo il primo LP del ’72, …e fu il sesto giorno, il quartetto romano si dedica all’ambizioso progetto di portare in musica la Divina Commedia: Inferno, uscito l’anno dopo, rientra tra i grandi classici di quella ormai lontana stagione e dovrebbe essere nella discografia di qualsiasi appassionato. La rilettura delle terzine dantesche, colma di riferimenti all’attualità del tempo, ben si sposa con la proposta della band, che scrive un album lugubre ed evocativo, dalle atmosfere gelide ma comunque avvolgenti. Insieme ad altri LP di quegli anni, come Caronte dei The Trip o Ys del Balletto di Bronzo, Inferno rientra perfettamente nella cerchia dei 33 giri “dark”, che riuscirono a rielaborare il prog britannico arricchendolo di atmosfere sulfuree e oscure.

Ovviamente il fallimento dell’etichetta Vedette mette la parola fine alla parabola dei romani, che devono aspettare vent’anni per tornare sulle scene, rilegandoli per lungo tempo al ruolo di ennesima meteora per pochi affezionati.

E’ così che nel 2004, dopo anni di lavorazione certosina, vede la luce, è il caso dirlo, Paradiso, atteso secondo capitolo della saga. Ma dopo l’Inferno non c’era il Purgatorio? Certo, ma si è preferito mischiare le carte, rimandando il capitolo intermedio, Purgatorio appunto, ad un secondo momento.

Il nuovo LP, o CD, visto che siamo ormai in pieni anni Duemila, conferma lo spirito della formazione: rispetto della propria storia ma senza nostalgie, con un album che suona fresco e moderno.

La solennità delle tastiere che apre il disco porta subito a Sfera di fuoco, colonna sonora ideale per la salita di Dante ai vari cieli del Paradiso. Da musicisti navigati come questi ci si aspetta classe ed è ciò che offre Cielo della Luna, con arrangiamenti curati e maturi. L’intero disco si sviluppa, a conti fatti, in un unico lungo flusso di musica, riproponendo la struttura della suite che già ai tempi aveva fatto la fortuna non solo di Inferno ma di tutto il genere prog, con gli artisti che non dovevano più limitare la propria creatività a canzoni di tre minuti e mezzo. Una soluzione di questo tipo potrebbe risultare ostica ai novizi, ma una volta apprezzata è impossibile non lasciarsi trasportare dalle emozioni. Salita a Mercurio, con i suoi ritmi serrati e vari, lascia poi spazio alle note di Cielo di Mercurio. Come da tradizione, le tastiere non hanno una funzione di semplice accompagnamento, ma sono sempre in primo piano, dettando il tempo dei vari passaggi. Una chitarra acustica ci accompagna verso il Cielo di Venere, con Spitaleri che offre un’ennesima prova del proprio talento, con un cantato emozionante e sentito, tipico di chi si sente totalmente immerso nei versi che sta interpretando.

Per noi eroi l'amore le notti a colori e la musica
E poi per noi la strada un grido e nessuna lacrima
Addio notturni amanti alieni ubriachi di musica
Bambini prigionieri dal cuore di tenera pietra

Sopra il cielo di Venere dove gli angeli cantano
Mi risveglio in un gemito e ripenso all'amore
Amore che vive e che spera

Addio fottuti eroi bastardi e poeti bellissimi
Per sempre sempre prigionieri di un sogno perduto
E per la musica

Si cambia decisamente registro con Cielo di Marte: al cielo del dio della guerra non poteva che essere dedicato un pezzo marziale e aggressivo, con i Metamorfosi capaci di passare nel giro di pochi minuti da passaggi rarefatti e soffusi ad altri decisamente serrati. Sezione ritmica in grande spolvero per Cielo di Giove, la cui trascinante melodia lascia però presto il posto alla cupezza di Cielo di Saturno, in un continuo cambio di atmosfere che non fa altro che sottolineare l’enorme lavoro svolto per questo disco. Stelle fisse è a tutti gli effetti un pezzo pop di classe, ma il meglio è lasciato comunque alla fine: la ricercatezza delle note ci accompagna verso l’Empireo, “luce intellettual piena d'amore”, il cielo diretta emanazione della presenza di Dio. Ed eccoci finalmente giunti alla Chiesa delle stelle, degna conclusione di un lavoro complesso e ambizioso, lontano da qualsiasi banalità. Mentre Enrico Olivieri dà il meglio di sé nell’evocare suggestione paradisiache degno del titolo del disco, Jimmy Spitaleri si commiata con parole pregne di speranza di purificazione e di rinascita. Ed ecco che “la mia commedia è finita”, a sottolineare la conclusione di un viaggio cominciato trent’anni prima con l’orrore dell’Inferno e giunto ora alla salvifica luce del Paradiso.

Inutile dire che con questo nuovo album i Metamorfosi si sono confermati, in Italia e all’estero, come uno dei capisaldi del prog nostrano, protagonisti di una storia non paragonabile, discograficamente, a quella ben più articolata di PFM e Banco, ma comunque di egual spessore. Da qualche tempo Paradiso, ai tempi pubblicato solo in CD, è divenuto disponibile anche in vinile, grazie alla collana “Prog Rock Italiano” della De Agostini. Si tratta, per questioni di minutaggio, di una versione leggermente più breve di quella qui recensita, ma ciò non va ad influire sulla godibilità del disco. Album bello e piacevole, a dimostrazione che il grande prog non si ferma ai soli anni Settanta.

  1. Introduzione
  2. Sfera di fuoco
  3. Cielo della Luna
  4. Salita a Mercurio
  5. Cielo di Mercurio
  6. Salita a Venere
  7. Cielo di Venere (Notturno su Venere)
  8. Il Sole
  9. Cielo di Marte
  10. Cielo di Giove
  11. Cielo di Saturno
  12. Stelle fisse
  13. Empireo
  14. La chiesa delle stelle

Metamorfosi:

  • Jimmy Spitaleri, voce
  • Enrico Olivieri, pianoforte e tastiere
  • Leonardo Gallucci, basso e chitarra acustica
  • Fabio Moresco, batteria
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