Fase Uno - Il primo ascolto

Scena classica, banale, quasi stereotipata. Sono in macchina con un amico, i cui gusti musicali divergono radicalmente dai miei in molti punti e, proprio per questo, con cui passo ore ed ore a discutere "animatamente" della questione, esponendo ciascuno in modo civile il proprio punto di vista e supportandolo con prolisse e colte argomentazioni (togliete ogni traccia di moderazione da ciò che ho descritto ed otterrete un'immagine abbastanza realistica dalla situazione).

La macchina è la sua, perciò l'autoradio è sua, di conseguenza è lui che ha "l'ultima (parliamo del 2006) grande novità, un gruppo che devi assolutamente ascoltare, etc etc". La perla del quadretto è il suo tentativo di farmeli piacere prim'ancora dell'ascolto, con affettate insinuazioni quali: "Sentirai, la voce sembra quella di Robert Smith" (considerate che, per quanto abbia smesso d'inseguire miti adolescenziali, continuo, e probabilmente continuerò, ad avere una passione smisurata per i Cure). .

Dopo tutte queste premesse, riesco finalmente a sentire le prime note intonate dalla voce di Aaron Weiss, cantante dei MewithoutYou. La reazione iniziale è quella di lanciare una serie d'invettive contro il mio amico, colpevole d'aver tirato in ballo completamente senza ragione il buon Bob. Espletata questa formalità, mi concentro meglio sul disco, che inizialmente mi lascia freddino. La musica è un indie-rock piuttosto irregolare, ben arrangiato, forse dalla ritmica un po' piatta, punte emo ed hardcore, nulla di rivoluzionario dato il periodo. Ma la voce mi fa uno strano effetto, quasi mi infastidisce: lamentosa e tormentata (sarà questo il collegamento con Smith?), ruvida e rabbiosa nei crescendi, pastosa e fiacca nei momenti più rilassati.

Fase Due - Il secondo ascolto, il terzo, il quarto…

Non si dica in giro che il mio amico non abbia carattere. I MewithouYou diventano elemento imprescindibile dei nostri spostamenti in auto. A metà tra abitudine ed assuefazione, la voce comincia a non disturbarmi più come prima. Inoltre comincio a notare alcune preziosità del comparto sonoro, in primis le architetture delle chitarre. Decido di procurarmi questo benedetto (mai aggettivo fu più calzante) disco e di ascoltarlo finalmente con cura.

Fase Tre - Il primo ascolto volontario… e tutti gli altri!

Mi convince sempre di più. Scopro che ciò che mi sembrava semplice e a tratti banale, troppo standard per la scena, nasconde in realtà costruzioni più complicate, soluzioni interessanti e mai scontate, che non concedono niente all'immediatezza. Scopro che il basso non è sempre e solo monotono sottofondo, ma (anche se più timidamente) inventa con intelligenza passaggi intriganti ed attraenti. Questione a parte per la voce. Presa singolarmente continua a darmi più d'una perplessità, eppure mi convinco (mi convince?) che è perfetta per il contesto e tutti quelli che prima consideravo difetti divengono di colpo i suoi meriti maggiori. Nella complessità il disco ho uno sviluppo molto compatto, scandito da brevi pezzi acustici con funzione d'intermezzo.

É definitivo. Questo disco mi piace, comincio a dedicarmi meglio ai testi. Quel poco che ero riuscito ad afferrare affidandomi unicamente al mio orecchio costituiva una premessa interessante: un certo lirismo moderno, immagini poetiche non prive di venature scure, niente stereotipi insipidi… una certa propensione mistica, che solitamente non mi disturba. Ma il mio inglese non è abbastanza affidabile, meglio leggere qualcosa. Trovo alcune notizie: scopro che sono un gruppo fortemente cristiano e che "Brother, Sister" è un concept mutuato direttamente dal Cantico delle Creature (mi direte: "con quel titolo, avresti potuto capirlo anche da solo!" Avete ragione, ma, che rispondere, uno non se lo aspetta!). Prima d'incappare in qualche pagina delirante in cui vengono giudicati espressamente per questo, decido di leggere personalmente i testi, per non venire (ulteriormente?) influenzato. La cornice biblica è innegabile e quasi immancabile, ma personalmente non li giudico dei fanatici. In fondo, la potenza delle parole risiede in buona parte nell'interpretazione. Una riflessione morale non è automaticamente un tentativo d'indottrinamento.

E comunque, quando qualcuno ci dice qualcosa, non dovremmo dimenticare, che, molto semplicemente (e pacificamente), abbiamo il diritto di non essere d'accordo…

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