Chiamatemi Mimì
per i miei occhi neri e i capelli, e i miei neri pensieri
c'è Mimì che cammina sul ponte per mano alla figlia e che guardano giù.
Per la vita che ho avuto e la vita che ho dato, per i miei occhiali neri,
per spiegare alla figlia che domani va meglio, che vedrai, cambierà.
Così scriveva Francesco nel 1987 di Mimì, senza aspettare il prematuro decesso come la cultura italiota e non impone. Nel mio disagio mentale ho col tempo attribuito a figure musicali strettamente Italiane il ruolo di 'parente', moltro tra virgolette. E cosi come sa babbo Faber, anche lui scomparso anni orsono, mi sono rifugiato spesso nella figura materna di Mia. Per me, trattasi di un personaggio di duplice faccia. Ragazza per la quale avrei perso la testa negli anni 70, mamma saggia e premurosa negli anni prima della sua morte. Perchè Mia Martini è stata una parabola. Rimasi fortemente legato a quella immagine di donna fragile e allo stesso tempo forte e coraggiosa, come dimostrano alcune sue tematiche stroncate il più delle volte da una censura che mai l'ha vista di buon occhio. Eppure lei era cosi, un po chiusa in se stessa, un po diversa per poter essere accettata così come era dalle colleghe, fino al punto da attirare le peggiori cattiverie da un mondo che, come tanti, trova nelle sue fondamenta invidia e rancore.
Ero un giovanissimo bricconcello quando ebbi a che fare la prima volta con questa donna. In una casa dove le radio di mattina la facevano e la fa da padrone, gli incontri musicali, belli o buoni che siano, erano all'ordine del giorno. E fu quando sentii per la prima volta 'Piccolo uomo', brano tra i piu influenti nel processo che vide in Mia un personaggio di spicco, che iniziai a domandarmi perchè quella voce, pur non sapendo a chi appartenesse, non riuscissi a levarmela dalla testa. Una voce pulita e particolare, magari non meravigliosamente educata, che esprimeva il sentimento mai banale di una donna e delle sue sofferenze. Perchè solo in lei ed al massimo in Tenco sono riuscito a trovare una tale immedesimazione in ciò che si canta da far addirittura credere che la protagonista sia proprio colei che racconta, al punto di pensare a qualcosa di autobiografico. E fu solo anni dopo, che spinto dalla curiosità, diedi un fondamento a questa toeria, scoprendo in Mia Martini una donna diversa, vittima di un rapporto familiare, in particolar modo col padre, devastante, e di una serie di amori che l'hanno profondamente trafitta. Iniziai lentamente ad immedesimarmi in questa figura, tanto affascinante quanto vittima di un senso di angoscia che si portò addosso per tutta la vita. Decisi così tempo fa, che Mia divenisse parte delle colonne sonore dei miei trascorsi e del mio avvenire, e non cambio idea proprio adesso, ora che forse, con qualche annetto in più, ma ancora relativamente giovane, comprendo ancora di più il suo approccio con la canzone e con la vita.
Sembra paradossale come una donna così apparentemente fragile, mostrasse una tale sfrontatezza attraverso le sue canzoni. La censura, dicevamo, non ha mai lasciato scampo alla giovane Mimì, negli anni 70, sempre accompagnata da grandi parolieri, Antonello De Sanctis prima, Ivano Fossati poi, per citare i piu influenti. Fu nel 71' con 'Oltre la collina' che facemmo la sua conoscenza: brani difficili da digerire per un italia ancora troppo legata, forse giustamente o forse no, a una concezione molto severa di 'filtro', come 'Tesoro ma è vero', nella quale viene trattato il tema della cecità e del conseguente abbandono, 'Padre davvero', e il rapporto tremendamente conflittuale con un padre mai amato, il tema del suicidio in 'Lacrime di Marzo', e infine lo stupro in 'La vergine e il mare'. Un disco davvero forte, un pugno in faccia ad un paese che era raramente abituato ad uscite di questo genere. Le cose si attenuarono leggermente col successivo 'Nel mondo una cosa', contenente la prima hit 'Piccolo uomo' e la poi plagiata da Baglioni con 'Poster', 'Valsinha'. Un Baglioni che, ricordiamo, ha più volte collaborato con la cantante. Da annotare anche la meravigliosa 'Amanti', un elogio all'adulterio, tra i brani piu struggenti della sua vasta discografia.
E' il 1973 quando Mia Martini, ormai nel pieno della sua carriera, pubblica 'Il giorno dopo', (a differenza dei due di Guccini). Una sorta di concept album, in quanto le numerose canzoni sono legate da una tematica comune, ovvero l'abbandono irrazionale alla passione verso l'uomo, fonte di gioia e dolore. Il tutto sorretto dal brano forse più famoso di Mia, 'Minuetto'. scritta da Franco Califano. Minuetto è la storia di tante donne, resesi schiave e prigioniere di un amore irrealizabile. E' la storia di coloro che inseguono un sogno, rimanendo paralizzate al cospetto di non riuscire a governare se stesse, figlie di un atteggiamento quasi rinunciatario nei confronti di una passione troppo forte da essere domata. Un continuo duello mente-cuore che porta irrimediabilmente alla rassegnazione. Al punto che lei non potrà fare altro che 'continuare ad aspettare nelle sere per elemosinare amore'. Lo stesso tema è evidente nella prima traccia, 'Ma quale amore', nella quale viene evidenziato il profondo cambiamento tra l'amore di un tempo e ciò nella quale si è trasformato oggi, una triste abitudine (E per la notte vado bene, poi domani buongiorno e via/ Ma quale amore ma credi, sia scema). Con una dolce introduzione inizia 'Bolero', tra le canzoni piu belle della giovane Mia, che prende il titolo da una danza di origine spagnola. Malinconico e trascinante il ritornello, che evidenzia come, nonostante l'apparente distanza, il pensiero seguirà sempre l'amato. 'La malattia' ha invece come tema principale quello della tossicodipendenza, della quale è stato vittima l'uomo della sua vita, che nonostante i gravi segni del disagio, rimane comunque l'uomo della quale anni prima si innamorò, il tutto in un crescendo emotivo che sprigiona tutta la sua forza nel meraviglioso ritornello. 'Picnic', sulle note di 'Your Song' di Elton John, è uno splendido racconto di immedesimazione con la natura, ai limiti del panismo. 'Signora', è un'amara invettiva nei confronti della suocera, che non concepisce l'amore di suo figlio nei confronti della donna (Lo so che lei non l'ha cresciuto per uno come me, peccato/ Prima di maledirmi, ripensi all'alba di quel giorno, in cui sognava anche lei, signora). Il disco di conclude sulle note di 'Dove il cielo va a finire', meravigliosa immedesimazione nell'immenso e nella bellezza del tramonto. Tutto si dissolve, tutto scompare, laddove il sole va a scomparire. Dove va a morire. Tutti i timori delle tracce precedenti si perdono in un arpeggio di chitarra. E lei tornerà, dopo questo attimo di quiete, come in un pendolo, ad essere vittima delle proprie paure.
Un'operazione alle corde vocali compromise in parte la sua carriera. Una lunga pausa dalla scena musicale, a dire delle colleghe, la vide cambiata, piu solare, con una visione diversa delle cose, ma sempre con quel retrogusto amaro di sconfitta, nei riguardi di un mondo che non l'ha mai apprezzata. Sono passati 21 anni da quel tragico 95' che la vide spegnersi. E in quel frangente, come in un segno premonitore, nacqui io, che oggi come 10 anni fa, continuo ad inseguirla, e magari chissà, sempre nel mio disagio, a ritrovarla in qualcuna.
Ti vogliamo bene Mimì.
Carico i commenti... con calma