Mia Martini, ovvero quando il "belcanto all'italiana" acquisisce reale nobiltà, non è inteso come frizzi, vocalizzi e corbellerie da conservatorio abbinate alla più totale e catatonico nulla artistico, con Domenica Bertè il bel canto prende vita, la voce vibra di emozione e la proposta musicale è di alto livello: grandi autori e grandi musicisti hanno collaborato con questa donna dalla voce così bella e così unica, che esordì nel "pianerottolo" del pop italiano, bigotto, provinciale e democristiano fino al midollo con una meravigliosa canzone scandalo come "Padre Davvero", in quel piccolo mondo paesano, che ha sempre amato ed oggi più che mai ama specchiarsi come Narciso nella sua nullità Mimì era un'incognita, un'eccezione, una voce fuori dal coro in tutti i sensi, e il suo secondo album, "Nel Mondo, Una Cosa" del 1972 ne lascia trasparire tutta l'essenza, è forse il suo album migliore nonché quello che diede il via al suo meritatissimo successo e notorietà, prima che quel mondo gretto ed ottuso, che non l'ha mai meritata e mai la meriterà le tarpasse le ali.

Il suo LP d'esordio, "Oltre La Collina", aveva ottenuto grandi riconoscimenti a livello di critica e così il suo successore può già avvalersi della collaborazione di grandi e riconosciute firme della musica italiana: il noto cantautore genovese Bruno Lauzi, i cui testi si legano a doppio filo con la voce e soprattutto l'anima di Mimì, Dario Baldan Bembo, grande musicista purtroppo tristemente noto per lo sciagurato "Inno dell'amicizia", Maurizio Fabrizio, Maurizio Piccoli e Luigi Alberelli. "Oltre La Collina" è un disco pop italiano di qualità artigianale con l'aggiunta di alcune pregevoli cover, molto più che una semplice raccolta di singoli più materiale riempitivo, arricchito da ottimi arrangiamenti, enfatici al punto giusto per valorizzare al massimo la voce della cantante calabrese e da ottimi testi, che ruotano intorno al tema dell'amore in maniera mai stupida, stereotipata e banale come da italica consuetudine, e soprattutto dalla meravigliosa voce di Mimì, non roca e sofferta come negli anni conclusivi della sua carriera ma potente, cristallina, limpida e soprattutto esplosiva: una canzone di forza quasi drammaturgica come "Donna Sola" è perfetta per esaltare le inconfondibili doti interpretative della cantante, soprattutto grazie ad un testo che riflette la personalità e l'immagine di Mimì come uno specchio. "Donna Sola" è anche l'archetipo di tutto l'album, ricco di canzoni che partono in sordina, con dolcezza, per poi esplodere il un crescendo rossiniano: "Questo amore vero", sorella "povera", meno raffinata musicalmente ma più intensa e diretta di "Minuetto", l'agrodolce "La Nave", la cui melodia è splendidamente disegnata dall'organo di Dario Baldan Bembo, che firma anche una bellissima piano-ballad ricca di calore e trasporto come "Un uomo in più" ed ovviamente la melodia evergreen di "Piccolo Uomo", il classico che lancerà l'album e la carriera di Mia Martini nonché un simbolo della musica italiana degli anni '70 con quella frase, "Io posso, io devo, io voglio vivere" cantata con empatia e vis più uniche che rare, che rimane scolpita per sempre.

Uno dei punti di forza dell'album è senza dubbio la sua omogeneità a livello qualitativo, anche pezzi più legati ad un pop italiano più canonico come "Amanti", appena intaccata da qualche "na na na" di troppo e la drammatica "Tu che sei sempre tu" mantengono alta la media qualitativa insieme alla bellissima "Neve Bianca", allegra, trascinante, perfetta per esaltare il ruggito di Mimì, che arricchisce a livello stilistico l'album con le frizzanti chitarre acustiche, quasi folk, dei fratelli La Bionda, per cui Bruno Lauzi inventa un testo abbastanza allusivo ed allegorico. Tra le cover, oltre alla nota ma sopravvalutata "Madre" di John Lennon, a mio avviso il punto più debole dell'album si segnalano l'intensa e drammatica "Valsinha" del brasiliano Vinicius De Moraes, arricchita da maestrose orchestrazioni e "Sing A Song" di Gary Wright, che diventa "Il tuo cuore di neve", gradevolissima escursione in territori pop rock, anche se la più grande meraviglia è senza dubbio "Io Straniera" alias "Holy Moses", un connubio perfetto: una delle più belle melodie del Re del Pop, Elton John che incontra la sua interprete perfetta, e quello che ne risulta è facilmente intuibile.

Mia Martini è, sarebbe potuta essere, la Jennifer Warnes italiana, detto da me è un complimento enorme ed assolutamente meritato, di certo è uno dei grandi vanti della canzone nostrana: lontana anni luce dalle Giorgie, dalle Elise che hanno attinto al suo repertorio con esiti da pomodori in faccia. Lei, a suo modo, appartiene alla schiera dei Francesco De Gregori, che le dedicò una toccante "Mimì Sarà", dei Fabrizio De Andrè, di cui fu una splendida interprete, dei grandissimi della musica italiana insomma, ed un album come "Nel Mondo, Una Cosa", dimostra che artista straordinaria l'Italia si sia lasciata sfuggire, emarginandola vergognosamente per poi performare pianti contriti e cospargersi il capo di cenere dopo la sua scomparsa in un tripudio di necrofilia, parole inutili e lacrime da coccodrillo.

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