Se non ci fosse bisognerebbe inventarla direbbe mia nonna; stò parlando di M.I.A (Maya Arulpragasam) la giovane cantante cingalese, dal look stravagante ed originale; è proprio lei che sta portando tanta, tantissima aria fresca nella mia vita (e nella scena inglese), con un hip hop (ma ovviamente non solo) nuovo; mischiato; terribilmente piacione, che è impossibile da definire ma solo fortunatamente indimenticabile all'ascolto.

Questo è "Kala" il secondo capitolo musicale nella carriera di questa cingalese, ormai residente da molti anni a Londra. Questa è M.I.A. prendere o lasciare; lei comunque sembra voler inseguire la sua strada in maniera del tutto autonoma, senza mai perdere di creatività in tutti i 12 brani di "Kala", e senza mai arrendersi al sistema.

"Kala" arriva dopo quasi 3 anni da "Arular", esordio che aveva scosso tante anime (compresa la mia) colpendo con beats da sala videogiochi, rap spietato attraverso un inglese mangiato e sputato, e sound da trip psichedelici; "Kala" invece è un album più etereogeneo, che scorre in maniera tormentata e irrequieta, per i frequentissimi cambi di melodia e di genere, e quindi si passa dal sound soffocato, leggermente dance hall, con i bassi che sono come proiettili rapidissimi di "XR2", fino ad arrivare a "BirdFlu" dove la nostra campiona galline, feste indiane, bambini isterici, componendo un brano giocoso, un rap scorrevole, veloce e intimidatorio.

Kala ti prende; ti cattura; ti affascina; ti confonde, e poi con un colpo finale ti ammazza, attraverso un percorso d'approccio più lento che in "Arular", aiuta probabilmente la totale mancanza di metrica, i continui scossoni e mutamenti musicali, come in "Hussel"; tra campionamenti di cori beduini, ritmi da dance hall indiana, tamburi, atmosfere mediorientali, tra Africa e India; oppure si passa per un brano come "20 dollar", dove vengono campionati i New Order, ma in realtà di loro non c'è più nulla, vengono smembrati, il sound è distorto ed obliquo, i beats ti entrano nel cervello, e la voce viene spietatamente trasformata attraverso il vocoder, e ne viene fuori un brano da orgasmo multiplo.

L'obbiettivo di "Kala" sembra quello di destabilizzare l'ascoltatore, tra politica, lotta e controllo; in questo le due armi più riuscite sembrano i due brani che preferisco; "Paper Planes" e "Mango Pickle Down River". Il primo brano "Paper Planes" è il più lento e cantato di tutta la carriera di M.I.A., presenta una metrica più classica, un rap più morbido fino ad arrivare ad un ritornello in cui 3 colpi di pistola campionati sapientemente suonano chiari e decisi, e da qui in poi il suono riempe ogni singola nota, in un canto che sembra un inno, una protesta; al contrario il rap sparato a mille di "Mango Pickle Down River", rimanda alla pura tradizione rap inizio anni 90, con 3 ospiti d'eccellenza, 3 bambini; australiani, se non sbaglio nativi australiani, che vivono sulla strada, e cantano insieme alla stessa M.I.A. un brano bello, naturale, estremamente fresco e pieno.

"Jimmy" ti spedisce in piena Bollywood, tra balletti e coretti, divertente ed originale; il brano invece che sembra il meno innovativo e geniale, è guarda caso "Come Around" brano in cui troviamo quell'impostore di Timbaland, che sinceramente mi ha veramente stufato, e basta!!! Fanno ballare, cantare, gridare "Bamboo Banga"; "Boyz" (bellissima); "The Turn", che entrano perfettamente nell'atmosfera scelta da M.I.A. per questo album tra tradizione e rinnovo musicale.

Bisogna dirlo M.I.A. sta portando un clima di novità musicale in Inghilterra che pochi artisti sono riusciti a portare in questi ultimi anni, e ve la consiglio calorosamente, unitevi a lei, al suo modo divertente e mai serioso di fare attività sociale.

bye

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