Nel 1985 Cimino dirige "L'Anno del Dragone", un film sulla malavita cinese nel quartiere cinese Chinatown di New York e sulle peripezie di un poliziotto americano di origine polacca, Stanley White (Mikey Rourke ancora in discreta forma) per sgominare l'organizzazione.
La trama descrive in parallelo le indagini del rude piedipiatti da una parte e della scalata alla vetta del giovane magnate della droga dall'altra, in un'escalation di violenza che troverà l'apice nell'epico scontro finale tra i due protagonisti, alla maniera di un moderno western. L'ambientazione è davvero ottima: i personaggi si muovono in una Chinatown sporca e brulicante di gente di ogni tipo, agendo in strade inquinate, locali semibui e scantinati fatiscenti.
Il dispiego di mezzi è notevole e si vede (produzione De Laurentiis), la regia è capace e pulita, la trama è piuttosto avvincente, anche se non brilla di originalità. Il punto debole del film a mio avviso sono i personaggi stereotipati ed i troppi luoghi comuni (voluti o no?) che riempiono la pellicola. La cupola mafiosa cinese è una fotocopia "ingiallita" (perdonate la battutaccia) della saga del Padrino, rappresentata da un consiglio di vecchi saggi malavitosi conservatori, contrapposti all'ambizioso giovane leone senza scupoli (John Lone) pronto a scalzarli con ogni mezzo per poter dettare legge a suo piacimento.
Il contraltare Rourke è il "solito" poliziotto rozzo ed ostinato tutto cazzotti e hamburger, che vive sul filo del rasoio a causa delle sue intemperanze; ovviamente è brutale e violento ma giusto, ovviamente commette errori ma sempre in buona fede, ovviamente è un reduce del Vietnam, ovviamente è divorziato ed ovviamente ha una vita privata di merda. Come terzo personaggio di rilievo, c'è la giornalista cinese (Tracy Tzu) che rappresenta la faccia pulita della comunità cinese americana (giusto perchè il film non fosse accusato di razzismo) che ben presto diventa l'amante del nosto Capitano di polizia.
Il film regala un paio d'ore di buon intrattenimento, ma l'impressione, fastidiosa, è che sia un po' pretenzioso, cioè pare che Cimino (avvalendosi della collaborazione di Oliver Stone alla sceneggiatura) volesse firmare un'epopea mitica nel ventre giallo profondo degli States, miscelando poliziesco a gangster movie con tutti gli attributi del caso, arricchito da critica sociale e spaccati di vita quotidiana. Alla fine rimangono le belle ambientazioni, alcune battute che strappano il sorriso, tanta violenza, ma nessuna riflessione davvero seria sulla materia presa in esame. Ad aggravare ciò, nella versione italiana, Rourke, a causa del doppiaggio dall'onnipresente Amendola in quegli anni, sembra Rocky Balboa con lo spolverino.
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