Netflix, politica e Kevin Spacey: tre elementi che hanno portato ad una modesta rivoluzione del mondo dei serial.
Prima però bisogna fare delle premesse e dare qualche info in più.
Prima premessa: cos'è Netflix? Semplicemente una piattaforma che offre, pagando un abbonamento, lo streaming di film e telefilm. Limpido e cristallino. Negli Stati Uniti si è imposto pian piano, mentre in Sud America e alcune Nazione europee è stato un grosso boom, che ha permesso alla società di contare su più di 50 milioni di iscritti. In Italia non vi è ancora traccia di questo servizio (ne avevate qualche dubbio? L'Italia poteva mai tenersi al passo con i tempi?), ma andiamo avanti.
Seconda premessa: “House of Cards” è la prima serie originale prodotta da Netflix, che non trasmette la serie ma la rende disponibile completamente a partire da un unico giorno; saranno gli utenti poi a decidere con che frequenza guardare la serie. Il concetto di telefilm viene totalmente cambiato: non più una trasmissione settimanale (almeno non nei Paesi dove Netflix è attivo), non più la proceduralità, ma si può parlare di un film diviso in più parti. Tratta da una trilogia editoriale di Michael Dobbs, adattata in una ominima serie televisiva trasmessa dalla BBC nel 1990, ambientata nell'apparato politico britannico.
Terza premessa: Kevin Spacey. Non c'è bisogno di aggiungere altro.
Il pilot è stato diretto dal quel maestro chiamato David Fincher, ma il livello registico si mantiene alto ,comunque, lungo tutto la serie.
La trama è piuttosto semplice: vengono descritti gli ingranaggi politici che muovono gli Stati Uniti, e lo fa dall'interno, dai corridoi della Casa Bianca, dalla Stanza Ovale e lo fa dal punto di vista di Frank Underwood, interpretato da un magistrale Kevin Spacey che ruba la scena a chiunque.
Frank Underwood, deputato del Partito Democratico nonché capogruppo di maggioranza al Congresso, ha diretto la vittoriosa campagna elettorale di Garrett Walker, il quale è diventato il 45º Presidente degli Stati Uniti. Ma, quando il nuovo Presidente, viene meno alla promessa precedente alla sua elezione, ovvero di eleggerlo Segretario di Stato, Underwood comincia una lotta subdola e interna per prendersi una sua vendetta personale.
I vertici politici verranno sconvolti dalle sue trame interne.
Una serie molto parlata, poco action, ma ugualmente accattivante.
Dialoghi ben scritti e con un cinismo da paura. Falsità dei protagonisti che sgorga da ogni dove, in quanto il loro unico intento è quello di prevalere sull'altro.
Sembra che nel mondo descritto da “House of Cards” non vi sia spazio per l'onestà, per il meglio del Paese, per gli altri. Ognuno pensa a se' stesso, nessuno escluso.
Forse è proprio per questo che tale prodotto piace: per il suo essere realistico.
Un cast ben incastonato: Robin Wright, la Jenny di “Forrest Gump”, qui interprete di Claire, moglie del deputato Underwood, donna dalle mille sfaccettature, in grado di entrare in conflitto anche con suo marito, con il quale ha un rapporto davvero emblematico e difficile da definire. Poi vi sono anche Micheal Kelly, Corey Stoll, Kate Mara e Sakina Jaffrey molto meno conosciuti ma che ci regalano ottime interpretazioni. Come ottimi sono i personaggi secondari che popolano la serie, come la giornalista Zoe Barnes, pronta a tutto per far uscire qualche scoop fuori dalle mura della Casa Bianca; Doug Stemper, uomo fidato di Underwood ma che oserei definire più come un suo scagnozzo; e poi ancora il deputato Peter Russo, più incline alle droghe, all'alcol e alle prostitute piuttosto che alla legislazione.
Ognuno con una sua peculiarità, con una facciata nascosta, mossi da lotte interne alla propria personalità, pronti a tutto ma in costate conflitto con loro stessi.
E in questo quadro quasi non ci si sorprende che il personaggio più secondario di tutti sia proprio il Presidente degli Stati Uniti, relegato ad un ruolo marginale,travolto dalla sete di potere di deputati e senatori, in balia delle loro ambizioni personali, e molto spesso impreparato a combattere da solo i problemi che il suo ruolo impone.
Da uomo più potente del pianeta, qui viene descritto come il più fragile ed inerme dei politicanti. Una sottospecie di gatto selvatico in una fossa colma di leoni inferociti ed affamati.
In questo contesto lo spettatore si troverà coinvolto, sentendo parlare di ciò che televisioni e giornali ci narrano quotidianamente, ma questa volta spiando quelle che potrebbero essere le reali dinamiche che vi sono attorno ad ogni manovra politica. Questo coinvolgimento è accentuato notevolmente dal protagonista Frank Underwood che in più volte si rtrova ad abbattere la “quarta parete”, ovvero guardare in camera e rivolgersi direttamente a chi sta guardando. Tecnica che qui viene sfruttata in maniera incredibile.
Sicuramente un telefilm che consiglio vivamente.
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Altre recensioni
Di RobLate91
Un fuoco che brucia vivido, con passione, senza perdita di energia.
Gli ultimi minuti dell'ultimo episodio sono una perla da incorniciare, con il politico senza pudore entrare e godersi lo Studio Ovale.