Il cinema di Haneke è, innanzitutto, cinema di violenza. In tutti i suoi film, tratti sempre da fatti realmente accaduti (persino "La Pianista", che è tratto da un romanzo, ma autobiografico) e riletti sotto l'ottica dell'autore austriaco. Paradossalmente, però, Haneke ha dichiarato di odiare i film sulla violenza: il cinema horror, Tarantino e persino "Arancia Meccanica". 
La violenza dev'esserci, ma non deve essere mai mostrarla. Esaltarla, renderla catartica, veicolo di un messaggio o ironizzarla significa priva svuotarla, neutralizzarla... 
La violenza, al cinema, è tale solo se lo spettatore è a conoscenza dei suoi devastanti effetti senza aver assistito all'atto che ha portato a quelle conseguenze. E con Haneke, il meccanismo funziona alla perfezione: basta ricordare l'assoluto capolavoro "Il Settimo Continente", dove l'assenza totale di sangue generava il film più terrorizzante che mi sia mai capitato di vedere nella mia vita.
Veicolo di queste sensazioni distruttive è sicuramente la regia e, soprattutto, l'uso del fuoricampo. Se la violenza avviene nel fuoricampo lo spettatore è costretto ad assistere ad un'esplosione di dolore, ma senza l'opportunità di chiudere gli occhi e di non guardare. 

Questo è ciò che avviene in "Benny's Video", secondo film per il cinema di Haneke e secondo lungometraggio della "Trilogia Della Glaciazione", un film non completamente riuscito, soprattutto se si considera che viene subito dopo "Il Settimo Continente" - tutt'ora il punto più alto da lui raggiunto-, eppure estremamente importante per comprendere fino in fondo la poetica del regista e il suo stile imitatissimo, ma praticamente inimitabile. 
Inimitabile perché, in un'epoca in cui c'è una ricerca ossessiva della bella inquadratura e dell'estetismo fine a se stesso, lui ci propone il suo cinema distaccato, alienante e inavvicinabile, riuscendo ad essere incancellabile. 

Benny, quattordici anni, vive tra migliaia di schermi. Schermi che proiettano cose nello stesso identico istante cose diverse: un party borghese, l'uccisione di un maiale, film di serie-z. Benny è talmente immerso in questa moltitudine di proiezioni da non aver nemmeno bisogno di aprire le tende: c'è una telecamera a mostrargli che cosa succede sotto casa sua. Tutto dev'essere filmato e tutto dev'essere visto attraverso una registrazione audiovisiva perché ormai la realtà è meno vera della documentazione filmica (e sembra una riflessione terribilmente profetica su quello che sarebbe avvenuto vent'anni dopo l'uscita del film con l'esplosione dei social networks e degli smartphones), quindi poco importa se si ammazza una persona: rappresentazione cinematografica e realtà coesistono in un clima di delirio lucido estremamente gelido e disturbante. 

Da sempre il regista austriaco ha riflettuto sulla funzione del medium nelle nostre vite e sul rapporto dello sguardo con il mondo, della realtà con la rappresentazione; teorie che verranno, poi, successivamente esplicitate maggiormente in "Funny Games" con la trovata del rewind.
Un rewind che compare anche in "Benny's Video": la nostra memoria cinematografica ha sostituito la nostra memoria personale, permettendoci ti renderla permanente. La stessa idea che sta alla base del cinema di Haneke, ovvero recuperare fatti di cronaca e rielaborarli secondo la propria poetica- sembra confermare la teoria di "Benny's Video": tutto è filmabile e tutto ciò che vuole essere vero dev'essere fruito. Poco importa se il video -in questo caso anche cinema- sia rappresentazione, o falso in quanto può essere riprodotto in un tempo scisso da quello originale: chi guarderà finirà sempre con il crederci davvero perché ciò che viene filmato e riprodotto è sempre più interessante di ciò che viene visto con i propri occhi dal vivo.

Ma dicevamo che il cinema di Haneke è un cinema di violenza: violenza generata dal contrasto tra l'uomo in quanto tale, quindi animale e dominato dall'impulso e l'uomo culturale, ovvero il risultato di una civiltà ordinata. Una violenza che dev'essere trasmessa, nel fuoricampo, attraverso atti irrazionali. In questa irrazionalità, studiata e compresa emergono la natura dell'uomo e le meccaniche del nostro vivere quotidiano. Per questo i film di Haneke sono così efficaci e terribilmente sinceri, devastanti e terrorizzanti.

Il dito è puntato contro quel cinema e, soprattutto, la televisione che ci mostra violenza senza comprendere come possa generare altra violenza. Il pericolo più grande per l'uomo è lo scambio cosciente della finzione contro la realtà e l'esperienza. Poiché il cinema è ancora un medium forte, capace di un'espressione che non è possibile al libro o altri mezzi espressivi, allora è necessario che quest'orrore si pieghi alla messa in scena, che venga raccontato e che possa essere diffuso. 

In quanto film "Benny's Video", racchiude già l'intera poetica dell'autore. Non è tra i suoi migliori (troppo lento, specialmente nella seconda parte -e lo dice uno che adora i film lenti- ), ma rimane una visione imprescindibile per ogni cinefilo che si rispetti e, soprattutto, per gli ammiratori del cinema dell'autore austriaco, tutt'ora tra i migliori esponenti del cinema contemporaneo. 

Carico i commenti...  con calma