Confessione preliminare: ho una predilezione spudorata per la chitarra acustica.
La timbrica dello strumento, sia in versione classica sia in quella (cosiddetta) acustica con corde in metallo, appaga e nutre una mia esigenza estetico-uditiva... non so come dire.
Quindi, sono fortemente condizionato da un gusto... un po' a maglie larghe verso lo strumento "nature", ossia unplugged.
Però...
Però quando si parla di Michael Hedges credo (credo!) che l'autorevolezza del personaggio regga ogni gusto soggettivo.
Sarò molto netto nel giudizio: il Cd recensito costituisce un'autentica svolta nella interpretazione chitarristica in ambito fingerstyle. Oggi ascoltarlo forse non impressiona più: ci sono parecchie decine di chitarristi nel mondo in grado di suonare i suoi pezzi, comporre nel suo stile, superarlo in tecnica strumentale. Ma occhio all'anno di produzione: siamo nel 1984. Non è un caso che la rivista Guitar Player lo abbia iridato per 5 volte come miglior chitarrista acustico.

Quando la Windham Hill fece uscire Aerial Boundaries (mai titolo più azzeccato) nel mondo dei chitarristi si creò un certo scompiglio. "Diavolo con quante mani suona, questo". Ma non si tratta di sola tecnica. È il poderoso senso dell'energia e del ritmo che sapeva trasmettere, in modo sempre controllato e mai circense, attraverso lo strumento. Strumento che spesso modificava anche morfologicamente, trasformandolo in... strani arnesi a 6 corde. È la magia e la forza melodica dei brani, che ti rapiscono, ti scordiscono, ti incantano; torni con il lettore indietro a risentire...
Dopo di lui uno stuolo di chitarristi si mette sulle sue tracce, ne segue il percorso e ne sviluppa le idee. Tra questi, sicuramente, Tuck Andress, Don Ross, Tommy Emmanuel, Preston Reed, Laurence Juber e Pierre Bensusan. A quest'ultimo, considerato da molti e modestamente anche dal sottoscritto, uno dei migliori chitarristi viventi, è dedicato il secondo brano, "Bensusan", superlativo.
Hedges resta dunque un grande innovatore. Non solo, ripeto, per il tapping a due mani e la tecnica percussiva, ma per la qualità delle sue composizioni, in particolare di questo album.

I 9 brani sono tutti incantevoli. Rimango ancora assorto ascoltando l'ottavo brano, "Menage A Trois", (l'attacco di flauto traverso è ammaliante) o la stupefacente title track; ma ciascun pezzo è da incorniciare.
I suoi successivi 6 lavori, così come il precedente "Breakfast In The Field", non reggono per la verità il confronto con questo. L'ultimo suo CD, "Oracle", è del 1996, un anno prima della sua prematura scomparsa a causa di un incidente d'auto.
Last but not least: non chiamatela new age. Lascio allo staff l'onere della classificazione in generi (cosa che lui, interpellato sul punto, detestava fare...).

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