In uno scenario di una Mosca gelida, fredda, si potrebbe definire invernale, si immedesima un Jackson ormai allo stremo delle sue forze e afflitto da una grande depressione, anche con l'assunzione di farmaci anti-depressivi, portata dalla grande pressione mediatica che, più in là, l'avrebbe portato alla morte.
Malinconia, tristezza, inquietudine finendo il tutto con un urlo, l'ultimo urlo straziante di speranza contro il sistema creatosi dai tabloid il quale ha portato ad incrementare i suoi problemi legali e mentali, distruggendo la grande icona simbolo per eccellenza del prodotto musicale Pop dell'America post Anni 80".
Una ballata sotto una pioggia, questa è la miglior definizione che si possa attribuire a questo quest'opera dove Jackson mostra tutto il suo genio musicale componendola durante una tappa a Mosca nel Dangerous World Tour del 1994.
La ritmica è condotta dalla chitarra di Steve Lukather mentre la tastiera, bassi e sintetizzatori da David Paich e Steve Porcaro, il tutto mescolato da una continua e incessante pioggia che da' quel senso malinconico al tutto, dove Jackson sembra esser alla deriva in una Russia desolata, broccato da un'invisibile KGB ("KGB was doggin'me, take my name and just let me be") succedendosi ad ultime urla, gridi di speranza straziati che scuotono in maniera brusca l'anima di chi l'ascolta.
Personalmente ho seguito poco Jackson nella sua carriera, ma dinanzi a questa opera che solo un genio e un'innovatore della musica mondiale poteva elaborare, bhè "tanto di cappello".
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