Avete fatto più di settemila recensioni e avete con evidenza imbarazzante tralasciato "Thriller" ?
Eh, questa è una pecca bella e buona Debaser... !
Di solito non torno su un artista di cui ho già parlato, ma in questo caso, a questo punto, mi sento obbligato. In verità il fatto che siano stati qui recensiti anche gli album più opinabili di Michael Jackson (vedi 'Blood On The Dancefloor') ma non questo dimostra una sola cosa. 'Thriller' è un album che è più facile dare per scontato che affrontare. È un tale peso massimo nella propria categoria da intimorire anche il più disinvolto narratore musicale. Perché?
Innanzitutto perché ha quel maledetto, incredibile titolo de "l'album più venduto della storia della musica", 50 milioni e oltre copie vendute solo nei primissimi anni dalla pubblicazione, un macigno che ti fa già sentire davanti ad una bestia non rara, UNICA.
Un secondo motivo può essere il fatto che quando di un disco da nove canzoni vengono estratti sette singoli da top ten americana, con almeno tre (diciamo "Billie Jean, Thriller e Beat It") che si iniettano nel patrimonio culturale di chiunque abbia avuto un paio di orecchi fuzionanti negli ultimi ventisei anni, può esser facile concludere che siano sufficienti solo alcuni brani celeberrimi per darci un'idea complessiva dell'opera.
Oltre a una pigrizia sbrigativa sopraggiunge anche un altro fatto: 'Thriller' non potrà mai usufruire delle periodiche rivalutazioni storiche in cui incorrono i cosiddetti album "di nicchia", 'Thriller' non potrà mai divenire un "cult", una chicca underground da passare sotto ai banchi di scuola, generazione dopo generazione. Non sarà mai un eterno tesoro per pochi intimi come l'esordio dei Violent Femmes, ma neanche una bibbia di formazione come Nevermind, perchè Nevermind è stato un blockbuster involontario, l'inaspettata emancipazione di musica alternativa che alla fine si è rivelata colonna sonora di una generazione.
Qui invece ci scontriamo con una vera macchina da guerra pop, con l'abum-simbolo della musica mainstream. È un capolavoro di costruzione musicale, una volontà di potenza nietzschiana nel voler diventare il numero uno. Dopo l'ottimo successo di quello strabiliante frullato di black music che era stato 'Off The Wall' nel 1979, dopo aver realizzato con 'Thriumph' l'anno seguente il migliore album dei Jacksons, il futuro "The Gloved One" aveva ormai tutto il pubblico afro-americano dalla propria parte.
Ma un Napoleone degli anni '80 non può accontentarsi di questo, vuole tutto, perché sa di avere tutte le carte in regola per averlo. Quasi una carriera quindicennale alle spalle, una voce inconfondibile, particolarissima, già essa quasi un'incarnazione della perfezione canora intermedia tra quella maschile e quella femminile. Grazia, mestiere, passione, innovazione, sensualità e rassicurante gradevolezza, queste le parole chiave. A cui si aggiunge una strabiliante e originale tecnica di ballo che con i vari moonwalking e passi affiliati formerà con la voce una perfetta combo per ogni tipo di performance, videoclip compresi.
E i videoclip sono proprio l'asso nella manica finale di tale strategia commerciale. Per arrivare ovunque, per uscire dalle radio ed entrare nelle case di chiunque, Jackson e collaboratori inventeranno i migliori video fino allora realizzati, minifilm sfornati l'uno a distanza di pochi mesi dall'altro in modo da garantire la completa visibilità e permanenza dell'album nelle hit parade per almeno tre anni consecutivi, col culmine del cortometraggio della canzone di "Thriller", il primo capolavoro della storia di MTV. Il progetto Thriller racchiude in sé qualsiasi strategia perseguibile per rendere la propria musica un linguaggio universale, comprensibile a tutti. E quindi l'ultimo passo decisivo sarà quello di conquistare il pubblico bianco, il pubblico pop-rock completamente estraneo all'eroiche gesta Motown del nostro enfant prodige.
E quindi collaborazioni tattiche e rivelatesi azzeccatissime con i "rivali" del periodo, come il famoso assolo di Eddie Van Halen nello stabiliante incrocio funk-hard rock di "Beat It", il simpatico duetto con un Paul McCartney ancora per poco in stato di grazia in "The Girl Is Mine", e soprattutto, la straordianaria "Human Nature", regalata dagli allora inflazionatissimi Toto (che quello stesso anno arrivarono orgogliosamente secondi nella classifica degli album più venduti con il loro "Toto IV"). Piccoli gesti, ma che gli apriranno le porte dell'olimpo del pop (due anni dopo sarà a duettare con Mick Jagger per la cronaca, evento allora impensabile).
Ma le canzoni? Tanto fumo sì intorno a questo LP, ma anche tanto arrosto. Tanto ma non troppo, anche la quantità è perfetta. Dallo scatenato intro dance-pop della contagiosa "Wanna Be Stratin' Somethin'", in cui predominano le radici afro e il groove da funk rallentato, si passa a "Baby Be Mine", un omaggio all'elegante struttura canzone insegnata da Quincy Jones già nell'album precedente, variazioni sottili su un tessuto sonoro completo, una produzione immacolata. La title-track diventa invece un blueprint di fantasia e divertimento R&B, per la prima volta l'inserimento di curiosi effetti speciali con addirittura guest-star cinematografiche (in questo caso un attempato ma deliziosamente inquietante Vincent Price) ci vuole regalare un'esperienza visionaria di completo intrattenimento, in cui ogni mezzo è usato con disinvoltura al solo scopo di lasciarci soddisfatti e stupiti, a bocca aperta come un bambino.
Tutto è una cartina di tornasole del decennio a cui appartiene, si parla di morte, horror, sesso, violenza, gravidanze impreviste con una superficialità straniante, la vita diventa solo un mezzo per riempire le nostre giornate e le nostre canzoni. Poco ci importa infatti se un gigante del dance-floor come "Billie Jean" parla di una relazione oscura e quasi da incubo, noi ci balliamo sopra, e anche Michael ci assicura che è la cosa migliore da fare in questi casi. Ci troviamo nella seconda metà dell'album e ormai siamo assueffatti dalla musica, ogni cosa ci sembra secondaria, le storie che vengono raccontate, per quanto credibili e suggestive, diventano completamente accessorie.
Approdiamo a "Human Nature", interrogativi sulla condizione dell'essere umano, passeggiate interminabili lungo la mente e i suoi dilemmi sentimental-esistenziali. Ma il tutto affrontato in maniera così candida, piacevole, che ci sentiamo trasportati come su una piccola barca nei pressi di isole tropicali, che prosegue lenta, senza remi, mentre noi guardiamo distesi il cielo chiaro in alto, con quel magnifico falsetto che ci accompagna, che vorremmo durasse più a lungo. Ma come dicevo, tutto è misurato, come per le portate del miglior ristorante. Non è assolutamente concessa l'indigestione, dobbiamo provare immediatamente nuove pietanze.
Il soul di Sam Cooke trova un punto d'arrivo in "P.Y.T. (Pretty Young Thing)"? Percussioni, sibilii, intro parlato, sussurrato e pruriginoso, la donna desiderata ormai ridotta a una sigla, a un'etichetta (che tra l'altro prima dell'ascolto non lascia presagire niente di buono, sembrano le iniziali di un distretto di polizia...). Ormai ci siamo stancati e rassegnati a cercare una catalogazione per questa musica.
La differenza tra 'Thriller' e 'Off The Wall' sta proprio in questo, la black music così amalgamata alla white music da non esser quasi più riconoscibile. Questa è melodia interraziale, può toccare le corde di chiunque. Universale. Mentre l'epilogo "The Lady In My Life" scorre con una classe infinita, quasi irritante nel suo smooth-soul mutante e fintamente improvvisato (non ci può essere niente di più studiato di Thriller), capiamo molte cose. Il posto leggendario che 'Thriller' ha in tutti i libri di musica moderna non è immeritato ma neanche ovvio. Michael Jackson non è come i Beatles post-1966, i Led Zeppelin, o Hendrix, che dove peschi, peschi quasi sempre bene e relativamente sulla stessa falsariga. Michael Jackson è un fenomeno così singolare che si potrebbe aver ascoltato tutta la restante discografia senza poter avere una minima idea di quello che questo disco ha da offrire. E 'Thriller' rappresenta un caso a sè in assoluto, sicuramente il più accreditato candidato al competitivo ruolo di album-simbolo culturale di un decennio.
Un'impeccabilità aliena dalla quale ogni autore mainstream non smetterà mai di imparare, un punto di riferimento che sarà una gioia veder superato un giorno da un nuova pietra miliare -a quanto pare ancora da arrivare- parimente straordinaria.
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da pochi mesi messo in vendita in ogni negozio d'Italia all'invidiabile prezzo di 8 euro e 50.
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consigliato vivamente insieme a Sgt. Pepper e a un altro paio di album a vostra scelta per i primi ascolti assoluti della vita, idealmente under-10
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