Eccomi qui alle prese con la recensione di questo "Instant Clarity", il primo lavoro solista di Michael Kiske, indimenticato ed indimenticabile singer degli Helloween durante il periodo d'oro della band, dove aveva marchiato a fuoco con la sua splendida voce quelle che sono le due gemme più lucenti della storia del power metal, ovvero Keeper Of The Seven Keys pt.1 e pt.2 (1987 e 1988). In seguito però, a causa dell'abbandono del chitarrista Kai Hansen, vera mente e anima del gruppo, gli Helloween avevano cambiato stile virando verso un sound meno metal e più sperimentale nei due album successivi ("Pink Bubbles Go Ape" nel 1991 e "Chameleon" nel 1993) ed erano andati incontro alle ire dei fan più intransigenti, che li avevano accusati di essersi venduti, e quindi a dei disastri dal punto di vista commerciale, nonostante la qualità delle song sia rimasta a mio parere comunque alta.
Quindi a questo punto siamo ormai arrivati a quel 1993, in cui, dopo il tour a promozione di Chameleon, Michael fu espulso dal gruppo per scelta del chitarrista e leader Michael Weikath, con l'accusa di essere il responsabile del cambio di stile operato dalla band. Accusa anche condivisibile, se si considera quale sarà il proseguio di carriera degli Helloween, che torneranno al power metal già l'anno successivo (con l'album "Master Of The Rings", cantato dalla new entry Andi Deris).
L'allora 25enne Michael, invece, andrà incontro a due anni di silenzio, parzialmente interotti nel 1995 con la partecipazione, anche se marginale, a due songs dell'album "Land Of The Free" dei Gamma Ray, band di Kai Hansen (nei cori della title track e come lead vocal nella song "Time To Break Free") e, nel 1996, farà uscire il suo primo album, "Instant Clarity", avvalendosi della collaborazione dello stesso Kai Hansen, di Adrian Smith, chitarrista degli Iron Maiden (in due pezzi), di Ciriaco Taraxes (alla chitarra, che lo accompagnerà anche nel progetto Supared), ed infine di Jens Mencl al basso e di Kay Wolke alla batteria.
Dopo lo split con gli Helloween, in un primo momento non ero molto convinto dall'idea di andare ad ascoltare gli album solisti di Michael, un po' per non rovinare l'ammirazione immensa che ho nei suoi confonti, viste anche le recensioni e i pareri pessimi che leggevo nel web; ma alla fine la sua voce iniziava a mancarmi, e non ho potuto fare a meno di ascoltare questo cd, che comunque non si discosta molto da quanto gli Helloween avevano proposto in Chameleon. Apre infatti "Be True To Yourself", una rock song dominata dalla chitarra acustica ed in cui Michael si lascia andare a degli acuti e ad una prestazione vocale da brivido, mentre esprime nel testo le motivazioni che l'hanno portato a proseguire per la strada che ha seguito. Dopo questa parentesi rock, si ritorna subito al passato con "The Calling", canzone in pieno stile power, dove ad accompagnare Michael alla chitarra troviamo Adrian Smith dei Maiden; e con la quinta track "New Horizons" dove lo stesso Smith e Kai Hansen uniscono gli sforzi per un'altra convincente e travolgente metal song che sembra uscita dal recente "Land Of The Free" dei mitici Gamma Ray.
Invece influenze addirittura grunge le possiamo trovare in songs come "Hunted", canzone abbastanza dura sia come musica che come testo, dedicato agli ex compagni di gruppo ed in particolare all'amatissimo Mik Weikath; in "Somebody Somewhere", dove tali influenze sono più evidenti nel ritornello, mentre le strofe danno più l'idea di una ballata; e nella successiva "Burned Out", canzone che prosegue un po' il discorso iniziato con "Somebody Somewhere", ma che mi è sempre piaciuta particolarmente per il testo (scritto da Ciriaco Taraxes) e per l'aumento del ritmo che si ha nel ritornello, mentre le strofe scorrono via in modo rilassato e piacevole. E arriviamo ad "Always", che merita un discorso a parte, è una delle mie canzoni preferite: si tratta di una ballata pianistica (anche se alcuni la troveranno troppo lagnosa) in cui Michael ci offre davvero una delle sue interpretazioni migliori mentre esprime il proprio dolore per la scomparsa del compianto Ingo Swichtenberg (batterista degli Helloween, morto suicida l'8 marzo del 1995 in circostanze drammatiche, dopo aver avuto problemi di droghe e di depressione che lo avevano portato anche all'abbandono della band). Io davvero non riesco a rimanere indifferente alle parole di Michael mentre canta: "When I look around there's only broken glass I see, and everywhere I reach it's hurting me... Lookin' back I find there was not much how it should be, It's slowly killing me; I got to go, kick all dust off my shoes, take all that's good inside and turn it ‘round"; prima del ritornello finale dove tocca veramente il cielo con la sua voce meravigliosa.
Seguono poi "Thanx A Lot", canzone strana in cui svetta però un bell'assolo di Kai Hansen, "Time's Passing By" un'altra canzone carina, che rimane a metà tra una ballata (nelle strofe), e una rock song (nel ritornello); e "So Sick" che è forse è meglio tralasciare, ma che ha il merito di preludere alla song conclusiva, "Do I Remember A Life", il vero capolavoro dell'album. Sinceramente non mi aspettavo una canzone del genere , quasi una suite che dura oltre 10 minuti ed in cui Michael dimostra una maturità compositiva davvero soprendente. Non c'è una nota fuori posto, dal testo enigmatico in cui i ricordi del passato di Kiske si intrecciano in una specie di viaggio spirituale, tendente quasi alla ricerca di una risposta alle domande che vengono dal profondo del suo essere. E' una canzone da ascoltare tutta di un fiato, che raggiunge il suo apice soprattutto nell'ultimo ritornello, veramente da pelle d'oca, a cui segue poi una veloce sfuriata di chitarra elettrica mentre la stessa song da lì a poco va a morire in un dolce outro di piano che dura oltre tre minuti ed è suonato sempre da Ciriaco Taraxes.
Finisce qui questo Instant Clarity, album molto intimista che sicuramente non potrà piacere a tutti, perché le canzoni non seguono mai uno schema e un genere preciso, ma che sicuramente merita almeno un ascolto, così come lo merita anche il successivo "Readiness To Sacrifice" (1999), mentre i lavori successivi magari non lo meritano. Dimenticavo poi che nel remaster di questo album, effettuato nel 2006 dall'italiana Frontiers Records di Serafino Perugino (che ha prodotto anche i due lavori dei Place Vendome), sono presenti quattro bonus tracks, che però non c'entrano niente con lo stile di questo album, e sono invece influenzate dallo stile più acustico e folk degli ultimissimi lavori solisti di Michael. A me però in fondo è piaciuta "Can't Tell", la si può ascoltare su Youtube, volendo... Intanto però devo dire che nel 2010 Michael finalmente tornerà ad esibirsi in concerto, dopo 17 anni dall'ultima apparizione, con la sua nuova band, gli "Unisonic" progetto intrapreso con Denis Ward, con cui Michael aveva lavorato nei Place Vendome, e sembra che verrà anche pubblicato un album nella prossima estate! Vedremo!
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