1757. Inglesi e Francesi si scontrano per il possesso delle colonie americane. Lo scontro avviene però sulle terre dove da secoli vivono le popolazioni native e gli invasori dovranno vedersela anche con loro.
E' ormai risaputa la trama dell'unico film "in costume" di Michael Mann, L'ultimo dei Mohicani. Una trama ripresa largamente dell'adattamento di Philip Dunne per la versione filmica del 1936 e ispirata all'omonimo romanzo del grande scrittore americano James Fenimore Cooper. Come sempre in questi casi il regista si prende le sue responsabilità allargando il plot per dare spazio a situazioni maggiormente proprie del grande schermo. Mann infatti, calca molto sul rapporto amoroso tra il protagonista Occhi di falco (Daniel Day Lewis) e la giovane Cora (Madeleine Stowe). Una scelta che penalizza l'andamento del film che alla fine risulta essere una ricerca/salvataggio della donna e che non rende fedeltà all'opera di Cooper.
Per il resto l'opera del regista regge bene la difficoltà del soggetto pur scadendo a volte in azioni che rallentano nettamente il film. Mann mette in scena una pellicola precedente al western e realizza con notevole attitudine la rappresentazione di una realtà lontana nel tempo unita alla spettacolarità che nel bene e nel male è sempre presente nelle sue opere.
Il film vira nettamente verso le vicende personali dei 3/4 personaggi principali e lascia in secondo piano il vero centro del film:l'attacco francese al forte William Henry. Mann indugia invece sulle imboscate, sugli attacchi nella foresta e ricrea grazie anche alla fotografia del nostrano Dante Spinotti un paesaggio ruvido ed essenziale. L'oscar ci poteva stare tranquillamente.
L'ultimo dei Mohicani è un lungometraggio molto ben congeniato, fedele agli archetipi del cinema d'avventura con un'impostazione classica di fondo che indirizza su coordinate ben precise il film. Un Mann che non rielabora tanto l'aspetto storico quanto quello puramente estetico, disegnando un paesaggio in bilico tra il lirismo romantico e una rappresentazione violenta della storia. C'è da dire che a volte la pellicola scade in un sentimentalismo che risulta pesante, ma è comunque un peccato non di rilievo. Da segnalare inoltre la stupenda colonna sonora firmata Randy Edelman. Voto 3,5/4.
Premio oscar 1993 come miglior sonoro.
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