Dal successore di "Blue Sky - Night Thunder" non ci si poteva aspettare altro che questo; Michael Martin Murphey non è assolutamente una meteora; la sua creatività non si è certo espressa ai massimi livelli nell'arco di un solo disco e così, nonostante la sua "notorietà" (purtroppo molto, ma molto relativa) sia dovuta principalmente a "Wildfire" e "Carolina In The Pines" contenute nel meraviglioso album del 1975, l'anno successivo MMM è già pronto a replicare, sfoderando un nuovo esempio di ispirazione, personalità e stile, intuibili fin dalla copertina: "Swans Against The Sun", prodotto come i precendenti album da Bob Johnston, già al fianco di Bob Dylan, Leonard Cohen e Simon & Garfunkel tra gli altri.
"Blue Sky - Night Thunder" era un album molto "visivo", dal carattere estroverso, poliedrico e descrittivo, caratteristiche proprie anche di "Swans Against The Sun", ma rielaborate in chiave molto spesso più intimista e rilfessiva, con alcune vivide pennellate di country-rock a fare da contraltare aggiungendo brio e vivacità a quest'album, comunque dominato da colori tenui. Ad aprire questo nuovo viaggio nel vecchio west di mr. Murphey è la canzone che dà il titolo all'album, "Swans Against The Sun", una ballata malinconica e delicatamente orchestrata, dal vago sapore neoclassico e nobilitata da un'interpretazione vocale perfetta e da una melodia impeccabile, impregnata di un forte spirito contemplativo fin dal testo ispirato da alcuni antichi poeti cinesi; "Pink Lady" è un lento e decadente flamenco dominato da pigri fraseggi di chitarra che tratteggiano un tormentato ritratto di donna, e condivide le sonorità latineggianti e le atmosfere soffuse da tramonto sul Grand Canyon con la cadenzata ed ipnotica "Natural Bridges" e l'eterea "Season Change", due stupendi affreschi paesaggistici tradotti in musica posti a chiusura dell'album, mentre in una dimensione legata più al tempo che allo spazio si collocano la sfumata "Temple Of The Sun", quasi una nenia sommessa che racconta la distruzione del popolo azteco, narrata dal punto di vista dei vinti con toni delicati, di ignara e ineluttabile rassegnazione e la ballad "Buffalo Gun", intensa e struggente rievocazione dell'epopea del far west, un mito già ampiamente tramontato nel 1976, anno di pubblicazione dell'album, e arricchita da un bell'assolo di chitarra.
Per ogni medaglia c'è il suo rovescio, e il rovescio di "Buffalo Gun" è senza dubbio "The Wild West Show", ruspante honky-tonk piuttosto asciutto e ruvido nell'approccio, in cui viene fedelmente descitto e "sbeffeggiato" tra le righe il celeberrimo spettacolo paracircense ideato da Willam "Buffalo Bill" Cody; altri episodi "brillanti" dell'album sono senza dubbio l'incalzante "Dancing In The Meadow", una divertente storia di fantami dall'atmosfera simil-inquietante dominata da fiddles e sferraglianti steel guitars e la lunga ed epica "Renegade", l'episodio più spiccatamente rock di "Swans Against The Sun": qui basso e chitarra sono protagonisti assoluti e la voce risulta forse non particolarmente efficace in quanto non dotata del giusto timbro e approccio, ma la canzone di per sè funziona a meraviglia, dipanandosi per sei minuti abbondanti tra una melodia decisa ed incalzante, tra riffs e piccole fughe strumentali, fino ad un'epico finale dall'atmosfera squisitamente filmica.
A riprova della grande considerazione di cui ha sempre goduto questo cantautore texano e del suo status di artista di culto, il già ricco e sopraffino menù di "Swans Against The Sun" è impreziosito da un paio di pregevoli duetti d'eccezione: la delicata e malinconica "A Mansion On The Hill", cover di Hank Williams con John Denver come voce di controcanto, e il breve e soppiettante athem outlaw country "Rhytm Of The Road", l'episodio più semplice ed immediato dell'album in cui MMM divide la scena con il più celebrato collega Willie Nelson. Questi due prestigiosi ospiti sono presenti, in veste più defilata, anche nella titletrack (Denver) e in "Renegade" (Nelson), aggiungendo ulteriore valore storico oltre che fornendo un'ottimo apporto musicale a questo meraviglioso album, che è forse il vertice assoluto della produzione di Murphey, grazie ad una visione d'insieme più coesa ed armonica rispetto al suo predecessore "Blue Sky - NIght Thunder", e questo basta e avanza per inserirlo nel novero dei tanti, troppi capolavori ingiustamente ignorati.
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