La musica contenuta in questo disco appartiene a due epoche diverse, contemporaneamente. O meglio, le note che sentiamo in questi 7 pezzi potrebbero simbolicamente essere considerate come scritte a quattro mani. Due mani appartengono al defunto Henry Purcell, uno degli esponenti di punta del Barocco seicentesco, considerato il più grande compositore classico inglese. Dall'altra parte ci sono ovviamente le manone di Michael Nyman, che afferrano il cadavere di Purcell, lo scuotono, Nyman gli urla "risvegliati", e Purcell in effetti sembra risvegliarsi, osservare con attenzione la musica del '900 e poi suggerire a Nyman come riscrivere certe sue brillanti pagine barocche, con la "coscienza del dopo". La cosa tra l'altro era già successa, quando fu riesumata la musica per il funerale della regina Mary e utilizzata per l'incipit di "Arancia Meccanica" di Kubrick.

Il risultato di tutto ciò è un qualcosa di inspiegabilmente nuovo e mi è sempre suonato come il lavoro definitivo di Nyman, non si tratta solo della colonna sonora di un bellissimo film di Peter Greenway ("Il Mistero dei Giardini di Compton House" uscito nel 1982, forse il suo film migliore), è proprio un disco a sè composto da arie severe e repentine, essenziali ma non minimaliste, ripetitive ma non seriali. Sebbene infatti il background del compositore inglese provenga dalle istanze avanguardistiche di compositori come Steve Reich, Philip Glass e Terry Riley, qui il risultato è semplicemente musica, privata della componente concettuale tipica del minimalismo, forse una dichiarazione d'amore molto personale nei confronti di Purcell e le sue architetture dai meccanismi armonici perfetti, ma con un potere immaginifico nuovo, dato dai timbri a tinte forti della Michael Nyman Band e dall'andamento incalzante della musica, che sembra fuggire da sè stessa, dai suoi schemi chiusi, per ritornarci sempre, e ancora rifuggire, e ancora tornare.

In tutti i pezzi il ritmo è dato da dei bassi fortissimi, quasi buffi nel loro staccare le note con severità, trombone e sax baritono e contrabbasso e all'occorrenza anche basso elettrico, una alla volta o tutti insieme, a borbottare il loro canone rubato come degli strumenti ignoranti, che conoscono solo quel giro e lo ripetono con deliziosa pedanza. Sopra questo ostinato volteggiano, ancora più pedanti, fior fior di fiati (clarinetti e saxofoni contralti in particolare) e gli archi le cui melodie si perdono, si fondono, si provocano, in continuo movimento. Nel bel mezzo di tutto ciò irrompe spesso e molto volentieri un cialtronesco clavicembalo (suonato dallo stesso Nyman), che sembra voler dettare legge sia alla sezione ritmica che a quella melodica dell'ensemble. Ora mi scuserete se ho descritto l'ensemble come una sorta di famiglia Adams, ma questa è davvero la percezione che si ha ascoltandolo, come se Nyman avesse deciso di inscenare una commedia tragicomica ambientata in un'epoca rinascimentale totalmente finta. 

E così questa finzione diverte, spesso lascia un po' di inquietudine e a volte commuove, profondamente, come quando il ritmo di aqquieta in "The Garden Is Becoming A Robe Room", e gli archi compongono una sorta di aria sulla quarta corda, per la quale ogni descrizione sarebbe inutile e poco esaustiva.

"The Queen Of The Night" lacera i timpani con un basso elettrico pulsante e gli archi che strillano oscenamente, mentre "Bravura In The Face Of Grief" sembra quasi partire con gli strumenti ancora scordati, e presto si rivela ispirata al bellissimo "Dido's Lament" di Purcell, 12 minuti di orgasmo musicale in cui si conclude questa messinscena barocca, con tanto di parrucconi, vestiti sgargianti e merlettati, ventagli e mascherine da gran galà della nobiltà di sti cazzi.

Credo di amare profondamente questo album, almeno quanto odio il ben più celebre "The Piano" dello stesso Nyman, amo la sua atmosfera di musica da camera, la sua architettura severa e quasi volutamente pacchiana, il chiasso che sollevano gli strumenti tutti insieme e tutti ordinatamente, le corse ritmiche sotto i canoni barocchi, i cambi di tempo inaspettati a metà brano che fanno si che Nyman disattenda i precetti del minimalismo tout court.

LA BAND:

Alexander Balanescu: violin

Malcolm Bennett: bass guitar

Andrew Findon: baritone sax

Barry Guy: double bass

John Harle: soprano, alto, tenor sax

Ian Mitchell: clarinet, bass clarinet, alto sax

Michael Nyman: harpsichorda, piano

Elisabeth Perry: violin

Keith Thompson: tenor sax

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