Michael Roskam è approdato ad Hollywood subito dopo la candidatura all'Oscar per il suo debutto cinematografico "Bullhead", co-produzione tra Francia ed Olanda. A tre anni di distanza eccolo nel nuovo continente a dirigere nomi come Tom Hardy, James Gandolfini e Noomi Rapace in "Chi è senza colpa" (titolo originale "The Drop"), tratto da un racconto di Dennis Lehane, uno che ha anche sceneggiato "Mystic River", "Shutter Island", alcuni episodi del capolavoro HBO "The Wire" e che ha di nuovo collaborato con il Ben Affleck regista per "Live by Night", quarto lungometraggio del mascellone. Insomma, uno che come scrittore e sceneggiatore sa il fatto suo, sempre pronto a destreggiarsi con soggetti difficili e narrazioni contorte e thrilling.

La storia anche quì non scappa alle convenzioni di Lehane: Hardy e Gandolfini gestiscono un bar di proprietà di mafiosi più o meno potenti. Subiscono una rapina e devono trovare i soldi da restituire, Hardy trova un cane che lo rende esca di un folle che entra ed esce indisturbato da casa sua, e infine il suo bar viene scelto per essere "drop bar" la sera del Super Bowl, quando qualche mafioso passerà a raccogliere i soldi nascosti all'interno del locale.

Tutti i tratti caratteristici della scrittura di Lehane sono anche quì presenti a buone dosi: criminali di rango non ben definito, personaggi con passato oscuro e presente incerto, ambiente immerso in una "povertà urbana" ostentata e non calcata e atmosfera da noir classico. Roskam, cineasta belga, fa sue tutte queste suggestioni e riesce a plasmare un film che grazie soprattutto ad una fotografia claustrofobica rende morbosa una vicenda che invece si dipana piatta fin dall'inizio. Le riserve partono direttamente dalla scelta del protagonista: Tom Hardy è oggi considerato uno dei migliori attori emergenti, eppure il suo Bob Saginowski, serafico, calcolato e calcolatore, quasi distaccato dal mondo, è totalmente in antitesi con il classico character che ci si aspetterebbe da uno come lui. Provare per credere, ma Hardy sembra parecchio impacciato e fuori ruolo.

Senza avere la capacità di analizzare il sottobosco criminale, senza la forza di innalzare la storia a qualcosa d'altro che semplice racconto noir, Roskam si ritrova a dover gestire un film dal passo lento, dove i colpi di scena sono concentrati nel finale e per quanto "duri" risultano ben prevedibili fin da principio (e in questo la colpa è anche e soprattutto della sceneggiatura di Lehane). Il personaggio della Rapace (che è comunque la migliore del cast) sembra non avere un preciso ruolo, se non quello di suscitare nel barman Bob un po' di sessualità repressa nel suo atteggiamento distaccato da tutto e tutti.

"Chi è senza colpa" sembra uno dei tanti film indefiniti e privi di una vera anima che ormai riempiono il mercato, seppur senza avere dalla loro la forza pubblicitaria. Il problema di fondo è quello comune anche ad altri titoli thriller/gangster dell'ultimo periodo (e basta citare "The Iceman" e "Black Mass"): banalizzazione del genere dietro a stilemi già visti (l'uomo solitario, l'amore represso, una religiosità difficile) e prosecuzione lungo linee formali e sostanziali che ormai hanno già detto tutto in una miriade di film del passato che fagocitano completamente queste opere. Ed è un peccato, perchè per atmosfera, fotografia, cast e la sceneggiatura di Lehane, c'erano tutte le frecce giuste per una pellicola dal tono diverso. Invece siamo nella mediocrità dell'anonimato.

5,5

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