Mentre il silenzio operato dai Symphony X si fa lungo e assordante perlomeno il chitarrista Michael Romeo prova a farci rivivere certi momenti. A quasi quattro anni dal primo capitolo il virtuoso chitarrista fa uscire “War of the Worlds, Pt. 2”, che sostanzialmente ne imita le gesta, chi ha apprezzato la proposta del primo non dovrebbe avere problemi con il secondo.
La critica che si potrebbe rivolgere è quella di avere un sound troppo dipendente dalla band di provenienza, effettivamente siamo sempre di fronte ad un prog-power metal abbastanza di maniera. Qualche differenza però c’è. Il Romeo solista cerca perlomeno di spezzare la consuetudine più recente della sua band; se le ultime produzioni dei Symphony X hanno virato verso qualcosa di più estremo e quasi affine al thrash metal Romeo cerca di recuperare quell’equilibrio fra aggressività e melodia che si è andato perduto, si ristabilisce quell’aggressività vecchia maniera, tangibile ma non esagerata, ma le soluzioni più taglienti non vengono certo disdegnate; possiamo dire che chi ha avuto da ridire sugli ultimi Symphony X e rimpiange i vecchi si potrebbe trovare a proprio agio con quest’album. L’aspetto che viene potenziato è però un altro, e consiste nelle sonorità orchestrali di stampo cinematografico. Nei Symphony X queste fiammate hanno a volte trovato spazio ma in maniera piuttosto occasionale, il Romeo solista qui invece ne fa un marchio di fabbrica; beh, in fondo non ha mai negato la sua passione per le colonne sonore. Il modo in cui mischia i suoni orchestrali con quelli metal è però un tantino discutibile, il motivo risiede nel fatto che in realtà non li mischia tantissimo, sembra che le due componenti operino maggiormente in sede separata, quando ruggisce la chitarra gli archi fanno poco, quando si impongono gli archi invece c’è meno chitarra, le incursioni orchestrali fatte come si deve sussistono essenzialmente negli intermezzi strumentali di collegamento. Praticamente non si arriva mai davvero al vero symphonic metal, nel precedente album invece vi erano diversi brani in cui i due stili si combinavano piuttosto bene. Quello che in generale si nota è un lieve indurimento (ma nemmeno così marcato) e una proposta un po’ più vicina alla band di provenienza.
La riflessione da fare però è un’altra. Trattandosi di un disco solista di un chitarrista ci si aspetterebbe qualcosa di maggiormente focalizzato sulla sua bravura, sia creativa che tecnica, sul modo di dare voce allo strumento. Qui non succede nulla che possa veramente elevare la figura del chitarrista, fargli fare il salto di qualità, e nemmeno nel precedente capitolo. In pratica è un disco da band, un disco con il giusto equilibrio fra strumentisti e suoni, un disco di gruppo presentato come solista. Romeo aveva già un disco solista all’attivo, “The Dark Chapter”, debutto strumentale uscito nel lontano 1994, lo stesso anno in cui debuttava con i Symphony X, e devo dire che quel disco era in tutto e per tutto più sensato, lui suonava quasi tutto da solo ed emergeva bene tutto il suo ego; qui invece ha una band in cui ognuno fa il suo e finisce lì.
Ma è bene non farci troppo caso, sono tutte osservazioni pignole, forzate, tipiche di chi ama il dibattito, nulla che possa intaccare la qualità del disco, che ripeto è comunque un solido e grandioso disco prog-power metal con gli attributi. Romeo è andato sì oltre ma non ha fatto il passo più lungo della gamba e ha preferito rimanere benomale in territori amici, e tutto sommato ha fatto centro. Spero però in un ritorno dei Symphony X, che non fanno trapelare molto su eventuali lavori, avevano detto che sarebbero tornati in studio appena la situazione pandemica lo avrebbe permesso ma non ci sono grosse novità, staremo a vedere.
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