Fernwarme è l'ultimo tra i primi quattro dischi considerati a furor di popolo e critica, il meglio di Michael solista.
Michael entra negli 80 e decide di entrarci da solo, tagliando fuori dal progetto i compari d'avventura: IL mastro-batterista Jaki Liebezeit ed IL celeberrimo produttore Conny Plank.
Michael si ritrova quindi solo a fronteggiare un quarto album dopo i magnifici tre di fila in tre anni. E riducendo il team così drasticamente, anche il suono diventò più asciutto con poche baroccosità e tanto motorik alla Neu!. Ritmi scarni, ripetitivi e a volte primordiali affollano quest'album.
Ad aprire l'album è una melodia buia, triste e angosciante, come non s'era mai vista mai nei tre dischi antecedenti. Si chiama "Elfenbein" ed assomiglia incredibilmente a quelle atmosfere di Heroes di Bowie a metà disco, di cui lo stesso Rother negò la collaborazione pochi anni prima (in verità furono le majors a non accordarsi per la collaborazione). Poi si prosegue con una chitarra solitaria, asciutta e scheletrica, quasi da colonna sonora tipo Padrino, che rimarca quella linea melodica scarna e aggressiva, con motorik ben saldo e qualche invenzione centrale tipica del suo modo di comporre musica. "Erlkonig" è uno dei brani più validi dell'intero lavoro, che man mano che lo si ascolta, si delinea davanti a noi un paesaggio grigio, come la copertina, triste e solitario, di un Michael lasciato solo, libero di dare sfogo ai suoi umori, sorprendentemente grigi. Infatti questi umori sembrano proprio più cupi del solito, con la produzione che si fà carico del nuovo decennio inoltrato. La title-track poi breve e decellerata, assume una lentezza e pesantezza nelle sue poche note, che affascina e sembra fare da intro per la successiva "Fortuna", in cui intervengono pochi sprazzi di chitarra su un ritmo percussivo ipnotico che sembra accusare della svolta degli 80', pur rimanendo fresca e senza mai apparire stucchevole. Poi l'atmosfera sembra un attimo rilassarsi e distendersi con la successiva "Hohe Luft", in cui ritorna dagli inferi quel vecchio tempo batteristico che rese Dinger un mito, e verso la metà, ecco quei richiami alla Katzenmusik che rese Rother uno dei chitarristi e compositori più visionari del nostro tempo. Il disco giunge verso il suo punto finale, passando prima per "Klangkörper" che, con i suoi ritmi tribali e primordiali, sembra essere presa dal primo dei Kraftwerk, Tone Float quando ancora venivano chiamati Organization loro, e per la conclusiva "Silberstreif" , oasi di pace interiore, che sembra contrastare amichevolmente la prima parte del disco molto più cupa e seriosa.
Questo è quindi Fernwarme, e dopo Flammende Herzen, Sterntaler e Katzenmusik, il poker d'assi fu servito. Ma non tutti gli assi sono uguali, hanno ugual valore. Certo questa soprattutto è musica molto personale, soggettiva. Ma credo che oggettivamente quest'album abbia un qualcosa in più rispetto ai precedenti. Anzi, sembra proprio unire qui tutti i precedenti: c'è il motorik del primo album, l'intimismo del secondo e quell'omogeneità da concept tipico del terzo.
Insomma qui Michael sembra giungere a compimento, da solo, della sua idea musicale, giungendo al termine di un viaggio purificatore, e arrivando qui asciutto e con le idee ben chiare, che il mondo forse non è tutto synth, cieli limpidi e cuori che bruciano d'amore, ma c'è anche una parte più scura, più intimista e forse per questo più interessante. C'è Fernwarme.
Carico i commenti... con calma