Fisico tarchiato e palestrato, voce chiara ed efficace anche se non particolarmente emozionante, preparazione musicale impeccabile e precoce (neanche ventenne già lavorava nelle produzioni di Michael Jackson, Stevie Wonder, Temptations, Diana Ross e altri), l'italo americano Michael Sembello esordì con un lavoro a suo nome a trent'anni, nel 1984, portando in primo piano la sua versione di soul bianco, commerciale ma di classe, dove convivono batterie vere ed elettroniche, bassi sintetizzati e chitarre distorte, ritmi disco e sofisticate progressioni jazz di accordi.
Il suono di questa produzione è una bomba, ancor oggi dopo trent'anni: dinamica pazzesca, arrangiamenti ed equalizzazioni perfette... sia lode eterna al povero Phil Ramone (se n'è andato lo scorso marzo, settantanovenne), l'illustrissimo produttore che tra un Ray Charles e un'Aretha Franklin, un McCartney e un Paul Simon, trovò il tempo (o magari il giusto ingaggio...) per dirigere dalla sala dei bottoni anche quest'opera d'esordio di un addetto ai lavori conosciuto solo agli stessi, assicurandole cospicue fortune e donando un memorabile momento di gloria al suo protagonista.
Gli undici episodi del disco sono tutti brillanti e di gustosa resa, testimoni di un'epoca nella quale montare su una pista da ballo valeva ancora la pena anche per le orecchie, oltre che per l'attività fisica e le relazioni pubbliche. Certo siamo in presenza non di un caposcuola, ma di un mestierante anche se della migliore qualità, assimilabile ad un Billy Joel (meno pianistico e newyorkese, più synth pop) per il tono di voce.
Nascosta fra essi, alla traccia numero cinque, spunta la celebrità, il capolavoro, quello che sta assicurando da solo degna rendita vitalizia al nostro Michael. L'aveva già messo su nastro, a velocità andante sulle 130 battute per minuto e con un testo indirizzato ad un molestatore sessuale. Il regista Adrian Lyne lo convinse a rivolgere le liriche alla descrizione di una maniaca del ballo, e soprattutto gli chiese di velocizzare il ritmo di ulteriori trenta battute per consentire l'uso del pezzo in una colonna sonora, nella scena che vedeva la protagonista scatenarsi nel seminterrato di casa, al termine di una dura giornata lavorativa, agitando vorticosamente il proprio corpo al ritmo sostenutissimo della canzone.
"Maniac" dispiega completamente il talento compositivo ed esecutivo di Sembello, unico autore e quasi unico esecutore. Batteria e basso sono programmati e altri sintetizzatori provvedono ad arpeggi ostinati, ma sulla ritmica synth pop e la limitata progressione tonale del registro di basso vi è un piano elettrico Fender che muove gli accordi con grandiosa efficacia, usando quarte seste settime e none per vestire di ricca armonia la melodia vocale e caricare di efficacia bordoni e ostinati e tutto. Al momento del ponte strumentale centrale, Michael imbraccia il suo strumento principale che è la chitarra e, memore forse delle appena trascorse gesta di Edward Van Halen sul brano "Beat It" dell'album "Thriller", stampa un formidabile assolo compreso di tapping, con tanto di jazzistico anticipo sulle battute dove cambiano gli accordi, di squisito intuito: alta scuola, alta classe, bella tensione, grande musica post-disco, di base rhythm&blues e con intenti scopertamente commerciali, ma anche solido e ammirevole retroterra artistico.
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