E' inutile continuare a camminare: non sapreste dove andare. E' inutile provare a chiamare qualcuno: nessuno apparentemente vi sente. Inutile anche chiudere gli occhi per la paura: non cambierebbe nulla. La nebbia vi circonda... E voi siete immersi in qualcosa che non ha confini.

La musica di Michael Shrieve contenuta in questo bellissimo disco del 2001 fa proprio questo: mira dritto al cuore e all'essenza del jazz, del rock e del blues, rendendoli puro concetto e ampliandoli in qualcosa che è difficilmente definibile ad un primo ascolto.
Ogni singolo pezzo confluisce e richiama l'altro, andando a ricamare un raffinato velo, delicato ma nebbioso ed indefinito, celando un palcoscenico dove tutto può accadere,  facendo divertire da matti l'ascoltatore.
Ma per mettere in atto questo spettacolo unico, il batterista americano si avvale della collaborazione di due grandi musicisti esperti in "demolizioni e trasformazioni musicali": Bill Frisell alla chitarra e Wayne Horvitz all'organo.
Ecco allora che il quadro della situazione incomincia a farsi un po' più chiaro.....

Chiaro fino ad un certo punto!

La nebbia musicale che si sprigiona dagli strumenti del trio all'inizio vi confonderà  le idee ma vi conquisterà poco a poco se deciderete di non fermarvi al primo ostacolo: "Sam The Man" si libra nello "spazio" circostante con un andamento tra il funky e il soul, impreziosito dagli assoli di organo prima e chitarra poi, con Shrieve a dettare un ritmo quadrato e preciso. Già con la successiva "Tell Me Everything" la nebbia incomincia a crescere, prendendo le sembianze di un brano jazzato dalle tinte malinconiche.
Più ci guardiamo attorno, più rimaniamo estasiati dalla bellezza di questo paesaggio grigio che si muove come il mare leggermente increspato: noi ci muoviamo con esso. "Circus! Circus!" è come osservare il mondo con gli occhi di un ubriacone, mentre "The Glass Tent" e "The Great Ambassador" sono invece le sue bottiglie appena scolate: piene di suoni, ritmi e melodie sbilenche come solo questi tre musicisti sanno creare.
Appena ripresi dalla sbornia, la nebbia continua la sua incensante calata: "One Nation, Invisible" arriva come un pugno inaspettato in pieno volto dal cuore del manto nebbioso a suon di chitarre distorte e doppio pedale, facendovi perdere i sensi. Le ultime due lunghe tracce ("Jig Saw" e "Soundings In Fathoms") indicano la direzione da seguire per uscire da questo incubo/paradiso di nebbia infinita, con una melodia orientaleggiante su un tappeto ritmico puramente jazz l'una ed echi e riverberi cosmic/ambient l'altra.

Il velo di maya, quindi, è servito: arte che non si accontenta di creare qualcosa di assolutamente ben definito, ma anzi ha bisogno continuamente del confronto e di quella apertura verso altri generi, suoni e modi di intendere la musica per essere, se non proprio originale, almeno personale: questo è a mio parere "Fascination" e ciò che ha caratterizzato l'intera carriera di Shrieve, musicista versatile ed unico (è stato il primo batterista dei Santana sino alla metà dei '70 ed ha collaborato con Schulze, Steve Roach, Rolling Stones, Al Dimeola, Amon Tobin ed altri...).

La nebbia si è diradata; non avete fatto un solo passo dal vostro stereo... Strano... eppure.....

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