Un romanzo che si sviluppa contemporaneamente su tre binari, configurandosi allo stesso tempo principalmente come un romanzo di genere (fantascienza) e poi nelle tre diverse diramazioni come una specie e allo stesso tempo molto molto particolare saggio sul conflitto generazionale; un'opera dai contenuti sociali e di geo-politica, con quelle che possono essere considerazioni anche relative il contesto mondiale contemporaneo; un romanzo di avventura e allo stesso tempo diciamo di formazione e in cui un uomo alla ricerca di un altro uomo scopre invece di essere alla ricerca di se stesso.

Su tutto però dominano le ambientazioni suggestive del pianeta dove sono ambientati i fatti, Miranda, e le sue superstizioni e la sua cultura, che ha sostituito alla tecnologia, quello che possiamo definire variamente come esoterismo, occultismo e alla fine vera e propria magia nel senso e la definizione più autentica del genere.

Che poi. Che cos'è veramente la magia? Voglio dire, non mi riferisco tanto al mago quanto a chi vi assiste oppure 'subisce' in maniera complice o passiva l'atto magico. La magia è qualche cosa che noi non possiamo e non riusciamo a comprendere. In questo senso come fai a differenziare la magia da quello che definiamo trucco? In qualche modo le due cose coincidono e allora è quasi inevitabile che dove manchi o venga a mancare la cultura di tipo scientifica o di tipo tecnologico, si cerchino altro tipo di risposte e dove credere (alla magia) diventa come credere che gli aeroplani possano volare. Perché sappiamo che possono farlo, anche se in fondo nessuno di noi (tranne chi abbia ovviamente le dovute conoscenze e una formazione adeguata) sa come costruire e/o fare volare un aereo. Magari non conosce neppure i principi basilari della fisica che costituiscono i fondamenti del volo.

Su Miranda, il pianeta oggetto delle storie del romanzo, è andata così: dopo un utilizzo diciamo improprio della tecnologia, e che inevitabilmente ha portato a conseguenze violente e disastrose per lo stesso pianeta, questa (la tecnologia) è stata definitivamente e completamente bandita ai suoi abitanti. Di più: il divieto di farne utilizzo è tassativo per chiunque metta piede sul pianeta e a qualunque titolo.

Questo ha inevitabilmente comportato situazioni difficili per il pianeta, in cui la maggior parte delle persone (se non la totalità) vive in miseria e in uno stato di indigenza e di abbandono e abbrutimento culturale. Quasi come se questi fossero regrediti a uno stato 'brado' come quello di un allevamento dopo essere stato lasciato a se stesso. Da un altro punto di vista, invece, è proprio l'assenza di ogni tecnologia, mischiata a quello che è istinto di sopravvivenza e i miti, le credenze e gli usi e i costumi di quelli che sono gli 'spettri' della popolazione che una volta abitava originariamente il pianeta, che favorisce il fiorire di una cultura diversa che potremmo definire arcaica e allo stesso tempo arcana.

Miranda è un mondo dove regna la magia e dove il potere di questa supera ogni organizzazione politica e sociale e il potere giudiziario e amministrativo sia interno che dei pianeti esterni. Eccetto ovviamente per il divieto stesso di avere accesso alla tecnologia. Che peraltro negherebbe la magia in se stessa e il suo valore e potere assoluto perché appare evidente che le due cose, l'arte magica e la scienza e la tecnologia non possano coesistere e suddividersi in qualche maniera più o meno equa la detenzione del potere.

Parliamo della stessa tecnologia che peraltro potrebbe salvare il pianeta da una specie di diluvio universale (e contro cui neppure la magia può nulla) che annunciato e inevitabile periodicamente ne affligge la popolazione, ridefinendo di volta in volta il destino dell'intero pianeta. Quella stessa tecnologia che si ritiene sia entrata in qualche maniera che non è ben chiara e definita in possesso di uno dei maghi più potenti e misteriosi del pianeta. Il suo nome è Gregorian e la sua magia è potente tanto quanto è misteriosa la sua storia che vuole questi sia nato proprio secondo un particolare procedimento tecnologico che lo voleva destinato ad essere il figlio e allo stesso tempo il clone di un facoltoso e importante e sconosciuto uomo proveniente da un altro pianeta. Questo prima che la madre stessa di Gregorian, dopo averlo partorito, decidesse di non 'restituire' il figlio e di crescerlo come figlio di Miranda. Senza tuttavia immaginare neppure ella stessa che un giorno quel bambino sarebbe diventato tanto potente da potere avere nelle sue mani le sorti dell'intero pianeta.

Sulle sue tracce sia per recuperare la non meglio precisata e illegale tecnologia che impedirebbe l'inevitabile, sia per identificare e in qualche maniera fermare o limitare il potere e la magia di Gregorian, viene mandato un importante funzionario che conosceremo semplicemente come 'il burocrate'.

Qui devo fare una piccola parentesi personale. Del resto, anche questa precisazione è importante, non ha senso svelare il resto della storia che come è facile intuire vedrà il burocrate muoversi con grande difficoltà nella realtà di Miranda, dove entrerà in contatto gioco forza con personaggi e forza che all'inizio faticherà a comprendere, ma che poi gli appariranno in qualche maniera naturale (ma forse è così per la superstizione e la magia, come se fossero qualche cosa di innato e prossimo all'istinto; a differenza della scienza e della tecnologia che hanno chiaramente più a che fare con la sfera dell'intelletto) ma anche con quella grande determinazione di chi è votato per propria natura a portare a termine il proprio compito.

Questo non significa come vedremo che egli sia del tutto immune al fascino di Miranda e alla magia.

Ci sono considerazioni importanti da fare in questo senso. Voglio dire, perché l'autore sceglie un 'burocrate'? Se ci pensate, abbiamo una concezione del termine 'burocrazia' che è divenuto universalmente di carattere negativo, perché la identifichiamo invece che con un vero e proprio sistema di natura organizzativa, invece solo con quella che può essere lentezza procedurale e alternativamente come pigrizia o manifestazione di forze istituzionali che sono in ogni caso strumentali a chi detiene il potere, che la usa quindi come strumento per 'rinviarci' oppure per metterci nel sacco. Però allo stesso tempo se pensiamo a un 'burocrate', fateci caso, molto spesso pensiamo a una persona ingenua: non lo consideriamo come chi detiene il potere e neppure come chi lo esercita di fatto, ma come chi ritiene, giustificato da un complesso e architettonico apparato legislativo, di svolgere le cose nel giusto modo. Così come vanno fatte.

E allora il burocrate è un romantico e un sognatore ma allo stesso tempo anche uno stupido e un cretino. Una persona buona ma ingenua e dotata di poco senso pratico.

Ritornando a quella che vi accennavo voleva essere una nota personale, dovete sapere che nel corso della mia vita ho amato molto una donna, questo per determinate ragioni molto complicate e che non vale la pena di raccontare in questa sede, è successo due volte. Lei era, è una specie di artista, diciamo così, e per prendermi in giro e allo stesso tempo con quella complicità affettuosa che può essere tipica di una coppia (immagino) diceva che io ero un burocrate. Il fatto, vedete, è che a parte il gioco e lo scherzo, lei aveva capito effettivamente tutto di me (e in fondo è anche per questa che tra me e lei è finita, probabilmente), perché io sono effettivamente macchinoso in tutto quello che faccio. Nella mia insicurezza mi attacco a quelle che sono vere e proprie procedure che magari ho costruito io stesso e in cui ripongo una specie di 'devozione' più che di fede ma che è comunque incrollabile. In ogni caso ho una forte predisposizione a quello che definiremmo come 'dovere'.

Così forse in qualche modo mi sono rivisto in questo personaggio che viene spedito in un mondo a lui ignoto e allo stesso tempo ho pensato a quello che succede a Alberto Sordi e al suo 'contabilista' (Bernardo Blier) in quel grande capolavoro che è 'Riusciranno i nostri eroi...' di Ettore Scola (1968) e dove la ricerca nel continente africano di Oreste Sabatini (Nino Manfredi), cognato del protagonista, diviene qualche cosa di completamente diverso e un viaggio avventuroso e al suo termine una occasione di rammarico che ci apparirà come imperdonabile. Ma non divaghiamo.

'Stations of the Tide' fu pubblicato da Michael Swanwick nel 1991. In Italia è stato pubblicato con il titolo 'Stazioni delle maree' e questo qui di 'Domani il mondo cambierà'. Il romanzo ha vinto il Premio Hugo ed è stato di recente riproposto da Urania tra 'i capolavori'. E probabilmente capolavoro lo è per davvero, perché al di là dei contenuti, ci troviamo di fronte a un autore bravissimo e ingegnoso e che riesce nel trattare una mole incredibile di argomenti e farlo senza pretendere uno spazio descrittivo troppo ampio e svelando di passaggio in passaggio tutte le carte di pari passo alla crescita sui diversi piani dei diversi personaggi.

Resta comunque un libro i qualche modo difficile e che chi non abbia particolare dimstichezza con il genere, né sia in qualche maniera appassionato a determinate 'sfumature' potrebbe trovare persino illeggibile. Swanwick, che viene dal cyberpunk, utilizza un linguaggio che a momenti può apparire ostico e in una mistura tra spettri del passato e magia e superstizioni e tecnologia, oltre che quello che è esercizio della legge, rischiamo proprio come il protagonista delle nostre avventure (ma non è poi lo stesso per tutti i personaggi in gioco....) di perdere o deviare temporaneamente dalla strada maestra, salvo poi ritrovarci alla fine e fare le nostre scelte e le nostre considerazioni finali e decisive.

Viviamo in un mondo in cui solo nei giorni scorsi un piccolo paese, dominato da quello che potrebbe benissimo essere per quanto ne sappiamo una specie di squilibrato mentale, ha lanciato missili al solo scopo provocatorio contro il solito nemico, gli Stati Uniti d'America. Che governati da un pazzo come Trump non hanno esitato a rispondere col pugno di ferro.

Si annunciano al solito sanzioni per la Corea del Nord da parte delle istituzioni internazionali. Ma le politiche sanzionatorie in sé senza diplomazia, l'arte 'magica' della parola e del confronto, sono qualche cosa che porta alla ricerca di soluzioni di sopravvivenza diverse a quello che viene tolto o impedito l'accesso. Mi piacerebbe argomentare lungamente l'argomento, ma sono sicuro che difficilmente arriveremmo ad un compromesso che possa essere in qualche maniera universale. Può l'isolamento essere una risposta a questo tipo di comportamenti? O invece un comportamento di tipo 'inclusivo' potrebbe paradossalmente rivelarsi più proficuo, e un comportamento di questo tipo significherebbe invero necessariamente cedere alle pressioni e alle minacce e alla violenza? Vi lascio volontariamente nel dubbio, permettendo così a ciascuno di farsi una propria idea nel merito e magari di condividerla con gli altri.

Per il resto penso che meriti ancora qualche considerazione il personaggio protagonista della storia e che come tale si trova a camminare come un equilibrista su quella linea di confine tra scienza e tecnologia e magia e superstizioni.

Vi ricordate Massimo Troisi in 'Ricomincio da tre'? Nella sua innocenza e profonda insicurezza, Gaetano (Massimo Troisi, il protagonista del film) prova a spostare gli oggetti con la forza del pensiero. Ripensandoci oggi anche quel passaggio, che appare quasi slegato dal complesso del film, una specie di sketch inserito in una storia dove non c'entrerebbe nulla, mi appare invece fondamentale e un'altra delle esternazioni della personalità così macchinosa e complessa (facciamo 'burocratica') del personaggio. Lello (Lello Arena) a un certo punto gli chiede, 'Ma secondo te, se esisteva questo potere, non glielo davano a quelli del nord?' Gaetano gli risponde, 'Va be', però a questo punto a noi ci davano le industrie. Sempre qualcosa ci guadagnavamo!'

Ironia a parte. Quando ero piccolo mio padre lavorava alle macchine a controllo numerico in Alenia - Aeritalia alla costruzione di aerei da linea: qui quella che è superstizione e cabala, non me ne voglia Jodorowsky che nella psicomagia crede fermamente e ha scritto e sviluppato opere di una intelligenza incredibile, c'entra poco. Per me nulla infatti poteva essere più incredibile che avere un papà che faceva volare gli aerei. Ogni volta che alzo la testa al cielo e ne vedo volare uno non penso alla tecnologia, allo sviluppo dei mezzi di trasporto e al mondo che diventa sempre più piccolo, ma penso a mio padre e che io avrei voluto, vorrei ancora essere come lui. E che cos'è questa, se non allo stesso tempo tecnologia e scienza e vera e propria magia?

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