Io Michael proprio non lo capisco. Ora che corriamo in strada e ci riprendiamo la città. Ora che spacca le vetrine anche il garzone del lattaio che buono buono piegava sempre la testa sotto lo sguardo ottuso del padrone. Ora che appicchiamo fuochi per strada neanche fosse l'ultimo dell'anno in spiaggia, lui se ne sta chiuso in cantina. Ora che modifichiamo il mondo lui modifica la telecaster. Ora che esplodiamo e tiriamo fuori tutta la rabbia lui si tiene l'angoscia dentro e ripete per ore il medesimo accordo, dondolando sulla chitarra come un bambino autistico.
Sono passato a chiamarlo per il sit in ma niente da fare. La saracinesca del garage è rimasta abbassata. Ho appoggiato l'orecchio al metallo per ascoltare e non riuscivo più a distinguere tra l'eco lontana della sommossa in strada e il suono riverberato, ovattato e ruvido insieme, della band. Per un attimo mi sono chiesto se i musicisti lì dentro non stessero in ascolto pronti a imitare con i loro strumenti i rumori della strada in fiamme.
Solo che da così lontano l'imitazione non può che venire sfuocata. Non dico debole, perchè Michael e gli altri ci danno dentro, non posso negarlo, ma raggelata sì, una specie di rivolta disillusa. Se Michael venisse in strada vedrebbe che mentre carichiamo gli sbirri sorridiamo come bambini... oddio se porgo l'orecchio da qui, le urla che arrivano dalla strada somigliano più a gemiti disperati, gli slogan suonano funerei, ma forse è la musica di Michael a farmi questo effetto. Non devo lasciarmi suggestionare. Lui è pur sempre quello delle sbronze tristi, dei bad trips.
Eccolo che canta. Mamma mia Michael, mi metti paura, sembri pronto a sputare l'anima da un momento all'altro. Noi qui ci ribelliamo, rifiutiamo il vietnam e l'apartheid, e tu ti struggi come se il vietnam fosse una donna amata e picchiata per troppa gelosia. Lo so lo so che per te il privato e il pubblico sono una sola cosa, che la rivoluzione può solo avvenire dentro di noi. Le dicono anche nelle università tutte queste cose. Ma quando le dici tu suonano come se pensassi che una vera rivoluzione non arriverà mai.
Va beh, ora me ne vado. Se no il sit in lo disperdono prima ancora che appoggi il culo in terra. Hey, un momento, cos'è questo pezzo? Ancora quello sulla tua ragazza? Michael, è un'ossessione. Lo so che ti ha tradito. Lo so che sono il tuo migliore amico e non avremmo dovuto farlo. Ma allora picchiami no? Non puoi startene lì a torturare le corde. Con la batteria che sembra solo un martello a battere sempre sullo stesso chiodo e la sofferenza che cresce ad ogni ripetizione del riff.
Il dolore non lo si può sostenere così a lungo Michael.
E non sostenendolo mi sveglio, bagnato di sudore. Vado a farmi un latte caldo in cucina e ripenso a quei giorni del '68, quando io mi illudevo e Michael aveva capito tutto. Guardo i dischi "rivoluzionari" usciti quest'anno, in cui rivoluzionario è capire che non c'è futuro, e che siamo in una sorta di preistoria devoluzionista. Guardo il nuovo lp di questi Pere Ubu e sorrido, consapevole che la chitarra di Michael suonava già nel '68 come l'eml synthesizer di Allen Ravenstine. E quando leggo in un'intervista che a Cleveland David Thomas impazzisce per il surf, penso a Michael che nel '67 costruì le sue cianfrusaglie elettroniche per imitare il riverbero dell'echoplex sul quale i gruppi surf galoppavano come su un'onda. E ricordo quando lo modificò ulteriormente perchè aveva ascoltato il fuzzbox gibson maestro in Satisfaction, getting no satisfaction at all! come diceva lui, e volendo radicalizzarne le intuizioni.
E poi penso a lui chiuso in cantina, concentrato e chino sullo strumento, mentre il nostro mondo disperdeva le sue energie in una rabbia senza costrutto.
Chissà dove sei ora, Micheal...
*"Microminiature love" venne registrato in una sola ora nel 1968 da una band di tre elementi. Buona la prima! Ma alla Sire records la prima non sembrò affatto buona. Non capivano che quel suono cavernoso non era l'involucro grezzo del disco, ma il suo cuore esteriorizzato. Volevano reinciderlo nei loro studi con session men di lusso. Michael declinò l'invito. Non aveva voglia di traslocare.
Il disco è riemerso come una scoria radioattiva negli anni 90.
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