Era da tanto che non leggevo un romanzo. Ed era da tanto che non leggevo un romanzo con tanta velocità. Il motivo di tutta questa velocità (un 300 pagine in 5 ore circa) non necessariamente ha a che fare con l’interesse che ha suscitato in me Serotonina, interesse che si è ridotto piuttosto velocemente diciamo all’incirca attorno a pagina 100. Avevo già letto un 20 anni fa due libri dello stesso autore (le particelle elementari, La possibilità di un isola) ed è stato come ritrovare in treno un amico che avevi tanto ammirato in adolescenza per la sua capacità di stupirti, di dirti cose nuove, interessanti, divertenti, scandalizzanti, talvolta raccapriccianti ma sempre interessanti e che ritrovi dopo 20 anni che dice esattamente le stesse cose interessanti, divertenti, scandalizzanti, raccapriccianti etc. Ma sono passati 20 anni e lui, è evidente, è rimasto lo stesso e tu no e fa un po’ strano. Dispiace pure. Ti saluti e sai che non vi rivedrete mai più, o comunque lo speri. Perchè dunque questa voracità, questa necessità di arrivare alla fine di un libro il cui finale è molto più scontato di quanto non ci si possa aspettare da uno che “spiazza le coscienze”, come è stato sicuramente definito da qualche parte Houellebecq ? una risposta la si può forse trovare nella scrittura oggettivamente piacevole del nostro amico che rende il viaggio una esperienza tutt’altro che noiosa. L’ironia virata al sarcasmo il tutto declinato in un cinismo disperato e cattivo rimane un registro divertente e insolito che lo rende unico (se vuoi ricorda un Celine, pure di faccia, fra l’altro). Ma uguale a se stesso, ripeto. Ciò che ti affascinava un tempo : la libertà estrema di esprimere tutto ciò che passa per la testa di un adulto maschio europeo medio (essenzialmente la fica, necessariamente giovane, poi poco altro) oggi ti fa semplicemente sorridere e fa anche un po’ tristezza. È un po’ il tipo di malinconia che ti viene quando pensi a Woody Allen e alla sua necessità di raccontarsi al mondo, necessità che un tempo è stata oro zecchino ma che avremmo sperato (perlomeno così la penso io) sarebbe diventata più discreta con l’età, e non il contrario. Del resto H. vuole farci tristezza : il suo personaggio è tragico, il suo pensiero è tragico, la sua vita è tragica, una vita in cui le donne sfruttano o sono sfruttate, e comunque rappresentano l’alfa e l’omega di una esistenza altrimenti vuota di significato. Forse fa tristezza perchè è un ritratto abbastanza credibile del maschio moderno, che ha perso Dio ma ha trovato Pornhub, infantile ed egocentrico, e fiero di esserlo. A me personalmente, che nel titolo (e nel frontespizio) avevo sperato di trovare una allusione al rapporto tra farmaci e avvilimento moderno, la semplice descrizione dell’ annullamento capriccioso della propria esistenza da parte di un cinquantenne arrabbiato con la vita francamente mi ha un po’ annoiato. Ma per chi legge per la prima volta H. potrebbe essere un incontro interessante, con una scrittura brillante e spesso cinicamente divertente (sarei curioso di sapere cosa ne pensa una donna di questo libro). Evito di accennare alla trama, che è ben poca cosa, un accostamento poco raffinato fra il declino esistenziale del nostro cinquantenne disperato e il declino di un impero occidentale vittima della globalizzazione, altro tema caro a H. (cazzo, diciamolo, ha un nome impronunciabile).
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