Alan è uno studente dell'università del Maine. Come la maggior parte di questi tra il 68 e il 70, anche lui passa il suo tempo tra lo studio, le ragazze, le canne con gli amici e il rinvio militare per motivi di studio, evitando il Vietnam. Un pomeriggio come tanti riceve una telefonata: è la sua vicina di casa, la quale gli comunica che sua madre ha avuto un ictus. Alan decide di partire la sera stessa per arrivare al più presto in ospedale, e non avendo mezzi di trasporto si affida all'auto-stop, sebbene i chilometri siano molti e il giorno ormai volge al tramonto.
Il suo percorso sarà allietato prima da un freak e poi da un vecchio incontinente, per poi proseguire in parte a piedi. Il tutto comprensivo di allucinazioni, frutto della condizione psicologica legata all'ansia di fare presto, e all'atmosfera della lunga strada deserta e buia che si ritrova a fincheggiare i boschi. Tutto quasi normale, fino a quando non riceve il terzo passaggio, quello della salvezza, quello che lo avrebbe portato fino a destinazione salvandolo dal buio e dalla desolazione, e forse(?) anche dalla follia: quello di un morto a bordo di una playmouth fury del 58!
Il viaggio con il nuovo autista comincia bene, ma fin da subito c'è qualcosa che non va, anche la coscienza di Alan si sente a disagio. La morte corre veloce, arrivati a questo punto Alan è costretto a scegliere, e in fretta: "tu o tua madre, dimmi chi devo portare via con me stanotte". Tra mille pensieri, rimorsi e allucinazioni, in modo sofferto Alan sceglie sua madre... risvegliandosi di botto da questo incubo (che in realtà incubo non era stato) sentendosi in parte sollevato, ma in gran parte in colpa per la sua (meschina) scelta finale.
Arrivato finalmente in ospedale, è certo di trovare sua madre morta, ma invece la vita (o la morte?) gli aveva dato ancora qualche anno, facendo credere ad Alan che tutto fosse stato frutto dell'immaginazione o di quella botta presa dietro la nuca al cimitero, durante la sua sosta sulla strada. Negli anni a seguire, Alan terminò gli studi universitari e continuò a vivere insieme a sua madre tranquillamente, fin quando poi, inevitabilemnte, in una serena serata come tante, questa morì.
L'idea di questo film tratto da un racconto di SK è semplice nella sua intenzione, perchè ci ricorda (usando la metafora dello scrittore) che siamo tutti in fila per cavalcare il bullet (*), e prima o poi arriva il tuo turno. Purtroppo anche questa come prova cinematografica non rende un granchè, perchè in molti momenti è portata troppo sul ridicolo e strappa addirittura qualche risata, il che non sarebbe male, ma in un altro contesto. Finchè si racconta della vita universitaria di Alan ci può anche stare, ma quando si è nella seconda parte del film, quella legata all'autostop, un certo tipo di umorismo rovina il pathos horror che dovrebbe invece pervadere la storia, cosi come accade ad esempio quando il morto alla guida spiega chi è in realtà.
In parole povere, un buon racconto, specie per il suo finale non scontato (anche se il senso dello stesso è molto semplice), ma la rappresentazione poteva essere resa un po' più seria e drammatica, mentre invece scappano troppe risate dovute ai dialoghi e alla banalità delle battute, e troppi dettagli che scadono a mio avviso, nel ridicolo.
Se avete letto il racconto (tra l'altro si tratta del primo e-book mai pubblicato da King, in via sperimentale qualche anno fa) e conoscete la spiegazione dell'autore su dove ha trovato l'ispirazione, resterete profondamente delusi da questo film. Se invece avete visto solo il film, sono sicuro che non avrete voglia di leggere il racconto, e vi capisco...
(*) Si tratta di una giostra simile alle montagne russe. Da notare, come nella fila di persone non c'è un ordine ben preciso rispetto all'età di chi ci sta per salire sopra. Tutti in fila aspettando il proprio turno, più o meno consapevolmente di quello che accade.
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